In ricordo dell' ingegnere Vittorio Marconi, persona a noi
cara, che ci diede "in eredità" questo studio, realizzato insieme
all'ing. Matteotti e all'ing. De Santis nell'Istituto di Costruzioni Marittime
e di Geotecnica dell'Università di Padova.
Studio che finora non ha avuto
applicazioni pratiche di sperimentazione a causa dei soliti interessi
"particolari" legati alla
protezione dei litorali.
Noi pensiamo invece che, visto il continuo persistere del
problema dell'erosione delle spiagge, sia per cause naturali sia per effetto di
opere a mare, legate al pur necessario sviluppo portuale principale,
rappresenta a tutt'oggi una valida alternativa al metodo del continuo e costoso
ripascimento meccanico delle spiagge stesse.
Ripubblichiamo lo studio ad uso e consumo dei nostri
Amministratori, che possono farlo proprio essendo oramai libero, dopo tanti
anni, da diritti d'autore. Insomma "free".
Ci piacerebbe soltanto che il suo recepimento fosse legato
alla menzione della fonte originale, come pensiamo avrebbe fatto piacere
all'ingegnere.
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INDICE 1 - PREMESSE
2 - CONFRONTO SINTETICO DELLA STRUTTURA E DEL COMPORTAMENTO
DEI DUE TIPI DI DIFESA PARALLELA
3 - INTRODUZIONE Al MODELLI FISICI CON FONDO MOBILE
4 - STUDIO SU MODELLO DEL COMPORTAMENTO DEI DUE TIPI DI
DIFESA
5 - OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
1 - PREMESSE
La morfologia delle spiagge (intese tecnicamente come aree
nastriformi a cavallo di un litorale), dipende - come è noto - essenzialmente dal movimento della sabbia al
fondo lungo il litorale (trasporto solido) e dal bilancio di questo con
l'apporto solido che viene immesso dai fiumi sullo stesso litorale.
Un tale bilancio è oggi sempre più sfasato per processi che
dipendono, più che da fenomeni naturali, dal massiccio intervento dell'uomo
sullo stato naturale dell'ambiente.
L' erosione delle coste rappresenta un problema che si pone
su scala mondiale. Ad esempio negli Stati Uniti d' America, secondo gli esperti
locali, un simile fenomeno, e la conseguente necessità di difesa delle spiagge,
interessa attualmente uno sviluppo di circa 2500 miglia di coste.
In Italia si hanno dati meno precisi; ma nel rapporto della
Commissione per la situazione idraulica e la difesa del suolo edito nel 1970, i
compianti e noti studiosi Proff. De Marchi e Ferro stimavano, a quella data, in
circa 1000 km le coste bisognose di un qualche sistema di intervento. Oggi a 10
anni di distanza dal precedente rapporto, tenendo fede alle notizie che
giungono da più fonti di informazione, si può stimare che siano 2000 i
chilometri di costa italiana da sistemare, molti dei quali con particolare
urgenza.
Non è quindi una novità che l'ingegneria costiera, come
scienza che studia i fenomeni di squilibrio dei litorali e le modalità più
opportune di difesa, sia diventata sempre più attuale, ma soprattutto più
razionale nella ricerca delle opere di intervento per fare fronte ai pericoli
di erosione lamentati.
Tuttavia nel nostro Paese non sembra che questa attualità
abbia seguito di pari passo lo sviluppo raggiunto negli altri paesi più evoluti
(come gli Stati Uniti, l'Inghilterra, l'Olanda) o tradizionalmente legati al
mare (come il Portogallo e la Spagna).
In Italia - che per forza di cose è di tradizione marittima
- si è generalmente operato in maniera piuttosto empirica ad opera di vari Enti
ed Amministrazioni che, pur animati da buona volontà e spesso sotto
l'assillante necessità, imposta da eventi più o meno eccezionali ed improvvisi,
sono intervenuti con provvedimenti di difesa qualche volta efficaci ma spesso
controproducenti, ovviamente per mancanza di analisi convincenti del fenomeno e
per ignoranza del comportamento e delle funzioni delle varie opere in relazione
alla particolare esposizione dei paraggi.
Secondo un vecchio ma valido concetto dinamico una spiaggia
è intesa come un deposito di sabbia "in transito", il quale
rappresenta il risultato dell'apporto di materiale litoide dei bacini imbriferi,
convogliato in mare dai corsi d'acqua e poi distribuito al fondo del mare lungo
due direzioni fondamentali (parallela e normale al litorale) per opera
prevalente del moto ondoso. Se in un definito tratto di litorale vi è scarso
apporto dai bacini tributari o insignificante componente di flusso d'energia
(determinato dal moto ondoso) parallelo al litorale, si perviene ad un
impoverimento graduale di sabbia sulle spiagge con arretramento delle stesse,
dando luogo al fenomeno che va sotto il nome di erosione.
In Italia è norma usuale di ricorrere per questo tipo di
erosione ad opere di difesa parallele alla costa, poste grosso modo sulla
fascia della spiaggia immersa, sede dei frangenti, e comunque su fondali
limitati.
La difesa operata da una serie di dighe in scogliera
naturale (frangiflutti), posti su fondali limitati con il loro asse
longitudinale parallelo alla costa, conduce ad un risultato valido quando il
problema è stato impostato in un contesto appropriato.
Pur tuttavia e per contro è noto che la costituzione di
questo valido presidio, per un litorale in erosione, produce esiti collaterali
sfavorevoli in tutti quei casi dove la spiaggia ha anche una destinazione
turistico-balneare.
Infatti la formazione dei "tomboli" a tergo di dette
opere, comporta una stagnazione delle acque, con accumulo di rifiuti solidi. Il
profilo risultante dei fondali diventa tale da presentare pericolo per i
bagnanti inesperti al nuoto, a causa della formazione di fosse a ridosso delle
stesse dighe fronte mare e sulle n aperture delimitate dagli (n+1) tronchi di
dighe, che rappresentano l'opera globale di difesa del litorale considerato.
Inoltre dal punto di vista del complessivo comportamento di
questo tipo di intervento si nota che lo stesso bloccando quasi, se non
totalmente, il trasporto solido sul tratto di litorale da difendere, produce
nelle zone a monte e a valle di questo uno squilibrio, in forza del quale si
innesca anche in tratti di spiaggia, prima stabili, un processo di erosione
tale da comportare ulteriori interventi.
In ogni caso pertanto la loro adozione deve essere
attentamente valutata e seguita nel tempo per non perseguire risultati tali da
invalidare la scelta dell'intervento realizzato.
Il noto comportamento, di cui abbiamo analizzato gli
effetti, è certamente una conseguenza della impermeabilità della scogliera nei
confronti del passaggio della sabbia nel suo va e vieni rispetto alla parte
emersa della spiaggia, causato normalmente dalle onde che la investono.
Viene così legittimo proporre una difesa analoga alla
tradizionale scogliera, quanto ad ubicazione, ma diversa quanto a struttura, la
quale consenta, sia pure in maniera vincolata e particolare, il movimento di
materiale attraverso l'opera stessa.
In questo caso, l'opera di difesa parallela potrebbe così
avere una struttura analoga a quella usata per i cosiddetti pennelli
trasparenti ed essere costituita da una serie di elementi verticali
prefabbricati.
2 - CONFRONTO SINTETICO DELLA STRUTTURA E DEL COMPORTAMENTO DEI DUE TIPI DI DIFESA PARALLELA
L' opera classica di difesa parallela alla costa -
particolarmente usata in Italia - è costituita da piccole dighe a scogliera
poste in serie, che ricalcano la struttura dei moli foranei portuali. In
quest'ultimo caso è noto però che la formazione dell'opera, oltre ad ubicare la
difesa di norma su fondali decisamente fuori dalla zona dei frangenti, richiede
maggiori cure di esecuzione e l'uso di materiali con pezzature più selezionate
e quindi più costosi.
Nel caso di opere più modeste per difesa di spiaggia, queste
vengono ubicate su fondali molto minori dei precedenti, dove le onde arrivano
già frante e quindi con un'energia ridotta.
Tuttavia anche per esse si deve prevedere uno strato di
copertura con funzione resistente al moto ondoso ed un nucleo interno secondo
lo schema di figura 1.
Lo strato di copertura viene dimensionato con le usuali formule empiriche tipo W.E.S. (Hudson) leggermente variate per la minore preoccupazione statica. Il peso degli elementi fornito dalla formula non è considerato rigidamente entro uno stretto intervallo di tolleranza, come per le opere portuali, ma è inteso come valore medio P50 di un intervallo più ampio che ha come estremi i pesi pari a 3,6 P50 e 0.22 P50.
In tale maniera si accetta una degradazione più marcata
della scarpata della diga sotto l'urto delle mareggiate per consentire l'uso di
un materiale meno uniforme e quindi più economico.
Rimane tuttavia, nonostante
l'effetto difensivo raggiungibile, il problema delle erosioni al piede della
scarpata fronte mare delle dighe, che è un inconveniente serio e di difficile
soluzione, tale da accelerare la distruzione dell'opera.
In alternativa al tipo di difesa precedente, l'opera qui
concepita ha una struttura composta da pali in cemento armato, infissi nella
sabbia e disposti a quinconce, collegati da membrature orizzontali a più
livelli secondo lo schema di figura 2.
Figura 2: Difesa semi-permeabile
Il complesso di elementi verticali ed orizzontali, una volta posto in opera, conferisce al manufatto una sufficiente stabilità per resistere alle sollecitazioni del moto ondoso.
Nello stesso tempo però l'opera non costituisce una
soluzione di continuità, come nel caso precedente, fra il mare aperto e quello
ridossato verso la costa.
Al contrario essa, permettendo una certa
comunicabilità fra i due specchi d'acqua, pur determinando in quello ridossato
una condizione di relativa calma, dovrebbe consentire una migliore
distribuzione delle particelle solide, che si depositano a valle dei frangenti
raggiungendo in definitiva un profilo trasversale più lineare, eliminando
certamente il problema dell'erosione notata precedentemente.
E' il caso di osservare - poiché ci si preoccupa
dell'aspetto turistico delle spiagge - che un tale tipo di difesa potrà essere
munita di scalette, anelloni di ancoraggio, piano superiore camminabile e di
tanti altri accessori per l'attività balneare.
Al presente l'efficacia ed il comportamento o meglio il
confronto di questi diversi tipi di difesa nei due casi non sono dati a
conoscere da una sperimentazione diretta.
A conoscenza degli Autori non è reperibile nella letteratura
tecnica specifica una casistica che consenta un sufficiente criterio di
giudizio.
Si è cosi ritenuto di porre a confronto opere di cosi
diversa concezione ricorrendo a prove di similitudine in modello, ipotizzando
una spiaggia in erosione che sia nelle condizioni citate al paragrafo 1 e che
richieda, quindi, una difesa parallela.
3 - INTRODUZIONE AI MODELLI FISICI CON FONDO MOBILE
L'ingegnere di fronte alla necessità di risolvere problemi
reali, che si riferiscono a squilibri di un litorale, ricorre sempre più
frequentemente a modelli a fondo mobile nel tentativo di avere valide risposte
da interpolare ai prototipi.
I modelli in generale vengono impostati per riprodurre in
scala ridotta i fenomeni fisici dominanti nel reale, e generalmente richiedono
due fasi metodologiche.
Dapprima devono essere identificati i fenomeni dominanti e
quindi si deve dimostrare la possibilità di riprodurli su modello in scala
ridotta.
Nel caso di modelli a fondo mobile non è ancora chiaro se queste
due fasi possano trovare una precisa e sincrona rispondenza; ma tuttavia al
presente un notevole passo avanti è stato fatto per riprodurre fenomeni
costieri in similitudine, nell'intento di ricavare da questa informazioni
qualitative e possibilmente quantitative da utilizzare per la soluzione di un
problema pratico immediato.
La trasposizione delle informazioni del modello sono
tuttavia molto legate alle modalità di sperimentazione e - è doveroso notare -
alla esperienza pratica dello sperimentatore, per cui l'estrapolazione dei
risultati alla realtà non è così immediata come potrebbe credersi; in altre
parole essa può essere considerata ancora più che una scienza un'arte.
Il criterio base di similitudine per un modello a fondo
mobile è quella della riproducibilità dei profili di equilibrio di una spiaggia
sotto l'azione di tipi similari di mareggiate.
In particolare i classici profili "estivo" ed
"'invernale", contenenti le barre di fondo caratteristiche delle
spiagge reali, devono essere riproducibili in modello.
In questa prospettiva, nel definire le caratteristiche del
modello, è in generale necessaria la scelta di quattro parametri, che in
definitiva vincolano il rapporto di scala n fra tutte le grandezze p in gioco
del modello e del prototipo, cioè
np = pM / pP .
Essi sono:
- la scala orizzontale L (cioè il rapporto delle distanze
xM del modello con quelle XP del prototipo);
- la scala verticale
M;
- il diametro medio D50 della sabbia;
- il peso specifico assoluto relativo G' = GS - Ga.
E' evidente che le relazioni appropriate fra questi quattro
parametri, tali cioè da
produrre identici profili nel prototipo e nel modello, rappresentano la
giusta scelta del modello stesso.
E' stato possibile dedurre, confrontando i dati sperimentali
con quelli della realtà, leggi fisiche del modello per una riproducibilità
ammissibile dei fenomeni (1) (2).
Esse vengono definite in relazione anche
all'esperienza dei vari Autori.
Ad esempio nel laboratorio di Pasadena si sono
determinate le seguenti espressioni:
nD
nG' ^1,46= m ^0,55
L = m ^1, 32 (n G')^-
0,35
le quali stanno ad indicare che lo sperimentatore ha la
libertà di scelta di soli due dei quattro parametri fondamentali mentre gli
altri due sono automaticamente conseguenti.
E' anche interessante notare che,
applicando simili leggi, è usualmente necessario introdurre una distorsione
delle scale orizzontali e verticali W = L / m
con un valore di W diverso da 1 per ottenere la similitudine dei
fenomeni.
Nell'impostare modelli a fondo mobile, per esaminare i
fenomeni riproducibili nella realtà, l'esperienza porta inoltre a consigliare
alcune norme pratiche da tener presenti.
Anzitutto il modello deve essere il più grande possibile per
aumentare il grado di attendibilità delle prove.
Il materiale, che riproduce la
sabbia della spiaggia prototipo, può agevolmente essere costituito da una
sabbia naturale, purché il diametro mediano D50P sia superiore a 0.2 mm e
quello D50M (risultato dalla scelta delle scale) sia superiore a 0.1 mm;
diversamente si dovrà ricorrere a materiali artificiali con peso specifico
assoluto inferiore a quello della sabbia, che mediamente vale 2.65.
Nell'interpretazione dei risultati infine viene da osservare
che la variazione dei profili di spiaggia sono più sensibili alle piccole
variazioni dell'altezza d'onda incidente per condizioni di bassa pendenza H/L
dell'onda più che per quella di forte pendenza (onde di tempesta).
4 - STUDIO SU MODELLO DEL COMPORTAMENTO DEI DUE TIPI DI DIFESA
Il confronto dell'efficacia delle due opere, prese in
considerazione come tema della presente memoria tecnica, è stato osservato
eseguendo ad hoc un modello a fondo mobile nel laboratorio dell'Istituto di
Costruzioni Marittime e di Geotecnica dell'Università di Padova.
4.1 - Con le dimensioni della vasca (20 x 24 m) a
disposizione, dove sono state eseguite le sperimentazioni, è stata scelta una
porzione rettilinea di litorale veneto riproducibile in una scala orizzontale L
= 1 / 150.
Per simulare i sedimenti è stata utilizzata della bakelite,
materiale artificiale avente peso specifico assoluto G = 1.38.
Con riferimento
al peso specifico della sabbia del prototipo (G = 2.60) ne risulta una scala
per i pesi specifici relativi (nella ipotesi che l'acqua di mare abbia Ga = 1)
nG' = (1.38-1) / (2.60-1) = 1 / 4.21
Ciò comporta, secondo i criteri di Goddet e Valembois,
l'impiego nel modello di un sedimento avente una scala dei diametri nD =
(DP)^-1/3 .
Per quanto riguarda la scelta della scala verticale, si è
tenuto conto delle esperienze ottenute con analoghi modelli, che hanno
utilizzato come sedimento la bakelite, e che hanno consigliato l'uso di una
distorsione W = L / m compresa tra 2 e 4.
D'altro canto esiste una relazione che lega la scala delle verticali
con la distorsione delle altezze d 'onda W H e la scala dei pesi specifici G'.
m = (nG' )^3 (WH )^-
4 (nj )^2/ 3
essendo nj la scala
delle viscosità molto prossima ad 1.
Pertanto supponendo nj = 1 si ottiene
m = (nG' )^3 (WH )^-4
per cui nel caso in questione fissando per m un valore 1 /
60 risulta un valore di WH di circa 0.95.
Se WH=0.95 significa che le altezze delle onde devono essere
riprodotte in scala 0.95 m = 1 / 63 valore questo che poco si discosta dal
valore della scala delle verticali.
La scala dei tempi, relativamente al periodo del moto
ondoso, è data da
nT = (m)^1/2 = 1 /
7,75.
In definitiva, e riassumendo, le scale adottate per la
costruzione del modello, sono state :
- scala geometrica
delle orizzontali lL= 1 / 150
- scala geometrica
delle verticali m = 1 / 60
- scala dei volumi nv = 1 / 1.350.000
- distorsione W = 2,5
- scala delle densità apparenti nG' = 14,21
- scala dei diametri
nD = 1,61 / 1
- scala del periodo dell'onda nT = 1 / 7.75
Q=1.15 ( H30 / T ) sen (5/2 a0 cos a0) (m3/s)
dove il simbolo "o" si riferisce a grandezze in
acque profonde al largo.
Nella metodologia corrente una volta calcolata la quantità
di trasporto solido, messa m movimento da un certo dominio di onde, questo
viene riprodotto in modello nelle scale appropriate, mentre si misura la
quantità di sedimento che si deposita in una "trappola" predisposta
al limite del modello stesso.
Il rapporto tra le due quantità di sedimenti, e cioè fra
quella misurata in modello e quella calcolata con la formula di Castanho (4),
costituisce la scala dei tempi sedimentologici, cioè di quei tempi che
presiedono alla evoluzione del litorale.
4.3 - Nella fattispecie il modello, che riproduce un tratto
di spiaggia rettilineo a granulometria sottile e debole pendenza tipica in
tutto l' Adriatico, ha fatto riferimento ad un regime del moto ondoso
riprodotto corrispondente ad una tipica situazione che si può presentare lungo
le coste dello stesso mare.
In tale maniera il risultato, acquisito durante
tutte le fasi delle sperimentazioni, può essere considerato il più generale
possibile.
In pratica nel modello è stata ricostruita una spiaggia in
erosione, dove il bilancio tra materiale proveniente dalle zone limitrofe e
quello asportato dal moto ondoso risulta nettamente deficitario.
L'evoluzione del fondale e della linea di spiaggia
(litorale) è stata seguita per un totale di tre cicli di moto ondoso.
Ogni
ciclo del modello ha riprodotto gli effetti che si possono verificare, per le
stesse ipotesi, nel prototipo durante un anno di agitazioni di moto ondoso
(sommatoria dell'energia di due tipi di onde corte o invernali e lunghe o
estive, provenienti da tre diverse direzioni) così come è risultato
dall'applicazione della scala sedimentologica di cui si è precedentemente dato
cenno.
Alla fine di ogni ciclo sono state rilevate alcune sezioni
normali alla costa mentre per la situazione finale si è provveduto a rilevare
l'andamento di tutto il tratto di litorale interessato dal modello.
Dall'esame delle sezioni rilevate (cfr. figure 4 e 5) alla
fine delle esperienze si può notare una
manifesta tendenza all'erosione, con un arretramento del litorale, quantificabile
nella realtà tra i 36.00 ed i 52.00 m.
4.4 - Una volta verificata la fenomenologia erosiva del
litorale, riprodotta in modello, si è passati all'esame dell'effetto difensivo
prodotto dapprima da un'opera tradizionale a scogliera (figura 1).
In questo caso analogamente a quanto fatto per la spiaggia
non protetta si sono riprodotti tre cicli di moto ondoso e si è provveduto a
rilevare alcune sezioni e la linea di spiaggia.
Dall'esame di queste (cfr. figura 4) si può notare come, a
tergo dell'opera in scogliera, si realizzi un rilevante fenomeno di
ripascimento; per contro tra le dighe, all'esterno di esse e specie al piede
delle stesse si può notare un fenomeno di erosione con la comparsa di canali
profondi, che la scala distorta dei grafici mette bene in evidenza.
La linea di spiaggia finale presenta la caratteristica forma
a "tomboli" separati da specchi d'acqua, in cui la profondità varia
bruscamente. Ciò è bene visualizzato dalla fotografia di figura 6a.
4.5 - Con la medesima metodologia sperimentale è stato poi
studiato l'effetto della difesa costituita da una serie di opere parallele alla
costa del tipo semipermeabile, così come proposto e descritto nel paragrafo n.
2 (cfr. figure 2 e 3)
La loro ubicazione è stata fissata sul medesimo allineamento delle scogliere precedenti, parallelo al litorale, ad una distanza rispetto al profilo originario corrispondente al fondale di (-3.00 ) della spiaggia prototipo.
Dall'esame delle sezioni rilevate (cfr. figura 5) appare
subito chiaro come, alla fine dell'attacco ondoso durato 3 cicli, nella parte
emersa e immediatamente sommersa - fino a quota reale di circa (- 2.00 ) - si
realizzi un ripascimento, che raggiunge una situazione stabile.
Per quanto
riguarda la parte più sommersa del profilo, - cioè oltre la (- 2.50 ), si ha
una sostanziale invariabilità di forma rispetto al profilo originale.
E' anche evidente, confrontando le fotografie di figure 6 e
7, che l'effetto della difesa semipermeabile, pur non raggiungendo nella zona a
tergo l'entità di quella a scogliera, propone un profilo molto più uniforme ed
un litorale più stabile nel suo andamento rettilineo.
Il litorale in questo caso è molto meno tormentato e non
presenta ai bordi (figura 6b) quella instabilità che si è invece riscontrata
nell'altro caso posto a confronto (figura 6a) e che generalmente trova
riscontro nella realtà, quando viene adoperata la difesa a scogliera.
PROVE IN VASCA
Evidentemente in quest'ultimo caso i mutamenti indotti del
moto ondoso sono molto più complessi che nel caso delle barriere
semipermeabili.
Queste conducono ad una attenuazione delle agitazioni più
uniforme, senza provocare quei fenomeni marcati di diffrazione, che si hanno
fra i varchi dei vari tratti di scogliera, vere aperture fra setti, chiusi alla
propagazione dell'onda.
PROVE IN VASCA
Figura 7 - Particolari del ripascimento a tergo delle opere di difesa.
Nella difesa delle spiagge, oltre all'aspetto meramente tecnico del problema, bisogna tener conto anche di esigenze spesso contrastanti e su cui fino ad oggi non sempre si è posto la dovuta attenzione. 5 - OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
Per gli arenili a "vocazione turistico-balneare"
l'utilizzazione delle dighe a scogliera ha spesso creato un valido presidio ma
ha, nello stesso tempo, messo in crisi la balnearità del sito, quando la stessa
non è stata fortemente limitata.
Come è noto il ristagno dell'acqua, tra la linea di spiaggia
o litorale (volgarmente noto come battigia) e le dighe di protezione, la
formazione di fosse a canaloni, all'unghia esterna delle dighe stesse, la
difficoltà di utilizzazione dei natanti, dovuta alla presenza delle scogliere,
hanno sempre messo in discussione un tale tipo di difesa che, peraltro, le
Amministrazioni Pubbliche - dati gli usi correnti - hanno largamente impiegato
ogni qualvolta le acque, erodendo i lidi, hanno interessato le strade
litoranee, le linee ferroviarie o la prima linea stessa dei fabbricati fronte
mare.
Appare quindi di grande importanza il risultato conseguito
nel presente studio con l'adozione di una serie di barriere, che assommino,
nella loro concezione, i vantaggi dell'intervento parallelo alla costa, valido
ogniqualvolta sia scarso o assente il trasporto litoraneo, con quelli di una
struttura permeabile all'acqua e tale quindi da evitarne il ristagno e tutte le
conseguenze sopra richiamate.
Le indagini di laboratorio hanno posto in evidenza un
ripascimento graduale e uniforme del tratto interessato da questo nuovo tipo di
opere; a tale accrescimento corrisponde una evoluzione pure uniforme dei
profili di spiaggia normali al litorale con una manifesta tendenza alla
stabilizzazione.
E' pertanto indubbio che la adozione di barriere
semipermeabili rappresenti un valido tipo di intervento ogniqualvolta si sia in
presenza di un litorale in erosione, dove il trasporto litoraneo è carente e
tanto più quando lo stesso ha un uso preminente dal punto di vista
dell'utilizzazione balneare.
Da quest'ultimo punto di vista, le opere, costituite da
strutture con più file di pali collegati da uno o più ordini di elementi rigidi
orizzontali, possono essere utilizzate come attracco per natanti minori e rese
anche accessibili con modesti impalcati superiori mobili, formati da elementi
prefabbricati in legno, tali da rendere gradevole l'aspetto e portare utilità
ai bagnanti.
Da ultimo, i risultati e le osservazioni delle prove pongono
positivamente in evidenza come le difese semipermeabili limitino sensibilmente,
contrariamente a quanto avviene con le difese frangiflutti a scogliera, lo
squilibrio nei tratti a monte e a valle del litorale protetto, non interessati
dall'opera di difesa.
Infine si deve osservare che la nuova struttura, oltre a ridare
alla spiaggia erosa le sue caratteristiche originarie, elimina l'inquinamento
nella fascia di mare destinata usualmente alle attività balneari; fenomeno che
invece è presente - come è noto e con conseguenze negative - quando la difesa è
fatta da un'opera tradizionale a scogliera.
Padova, aprile 1979.
Studio dell'evoluzione della costa pescarese
P.S. Abbiamo affidato lo studio completo sopra riportato al
dott. Gildo ROSSETTI, presidente dell'ordine dei geologi abruzzesi, nel 2003.
Lo stesso, dopo averlo valutato, ha detto che "andrebbe
sperimentato nella realtà con un progetto pilota" per vedere se corrispondente allo studio in
vasca.
Per cui date le situazioni a Pescara Porta Nuova ed ai
confini con Montesilvano, le occasioni non mancano.
Abbiamo girato ufficialmente la proposta agli amministratori
regionali e comunali, nell'ottobre 2012.
(aggiornato domenica 18 novembre 2012)
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