Discorso filosofico-platonico (e non solo) sul porto di Pescara, sui pescatori, sulle spiagge ed …… anche su qual cos’altro.
Qualche giorno fa, passeggiando per Pescara, ho incontrato il mio amico e collega Mario Russo.
Dopo i primi convenevoli ed i reciproci complimenti, che una conduttrice radiofonica giustamente definisce i massaggini dell’Ego, Mario mi chiede:
“Hai visto i lavori al Porto di Pescara?”
“No” ho risposto, “anche se dai giornali so che c’è molto fermento nella Marineria Pescarese”.
“Se i Fenici avessero potuto vedere quello che stanno facendo li avrebbero presi a colpi di zagaglia”.
Interdetto da quella citazione storica e preso in contropiede dalle “zagaglie” di cui ignoravo l’esistenza, ho chiesto delucidazioni in merito al primo problema mentre sull’altro ho tralasciato di mostrare la mia ignoranza perché, visto il fiero disdegno di Mario, mi sembrava un dubbio meno importante da chiarire.
“Poiché la questione merita un discorso lungo ed approfondito, vediamoci con calma e ti spiegherò” conclude.
Tornato a casa e consultata l’enciclopedia ho scoperto che le zagaglie erano dei corti giavellotti da lancio. Poi, per evitare di trovarmi impreparato all’incontro con l’amico, ho rinfrescato la mia memoria sui Fenici che, ho letto, oltre ad essere dei grandi mercanti e navigatori, erano anche degli abilissimi costruttori di porti assolutamente necessari per le loro attività commerciali.
Dopo qualche giorno ho richiamato Mario Russo che mi ha dato un appuntamento durante il quale mi ha esposto in modo chiaro quello che effettivamente stava succedendo.
“E allora, cos’hai da raccontarmi? Tieni conto che io non sono uno specialista di opere marittime e farei fatica a seguirti se affronterai argomenti troppo specifici della materia” gli chiedo subito.
“Ma nemmeno io, ti pare! Preparati ad una lunga e curiosa narrazione” mi risponde, mettendo mano ad un grosso pacco di carte nascosto in un armadio.
“E’ una storia che meglio figurerebbe in una pubblicazione d’antropologia, più che in una rivista per ingegneri, tanto ha a che fare con lo studio degli usi e dei costumi contemporanei, e tanto poco con l’Ingegneria. Ma, comunque, ascoltala; poi deciderai tu!
Nei primi anni ‘80 il Genio Civile di Ancona sez. Opere Marittime, visto il degrado delle strutture portuali, decise di modificare la struttura dei moli, costruiti negli anni ’30 con la tecnica del solettone di cemento su pali infissi, sostituendo questi ultimi, ormai corrosi dalla lunga azione del mare, con paratie continue.
I Pescaresi ricordano che, nel passato, l’onda che dal mare risaliva verso il fiume letteralmente mitragliava le teste dei pali ottenendo come risultato lo stesso rumore di quella micidiale arma da fuoco.
Questo sistema molto semplice, ben descritto anche nel manuale dell’Ingegnere “Colombo” del 1939, permetteva di smorzare in modo naturale l’energia che l’onda produceva.
Ti mostro ora un documento quasi storico.”
E tira fuori dal pacco di carte un foglio copiato da un vecchio manuale del Colombo, vetusta Bibbia degli Ingegneri. Eccolo:
Dal manuale dell’ingegnere (Giuseppe Colombo, 1939):
"I porti stabiliti entro lagune o paludi marine e i porti-canale generalmente s’aprono sopra spiagge: il loro accesso va quindi difeso, oltreché dalle agitazioni, dal pericolo d’interrimento, di regola mediante due moli guardiani, fra loro paralleli e protendentisi verso il largo, sino a raggiungere fondali commisurati alle esigenze della navigazione. Dove, a mantenere sgombra la foce da interrimenti, non soccorrano efficaci correnti di riflusso occorre, a misura che la spiaggia si protende, prolungare i due moli e, solitamente, integrarne altresì gli effetti con periodiche escavazioni. Nei mari a grande sviluppo di marea dove, nelle fasi di riflusso, possono ottenersi potenti correnti di cacciata, spesso dispongonsi i due moli tra di loro convergenti, così da racchiudere un vasto specchio acqueo, atto a servire da avamporto...(porto Corsini a Ravenna, NdR).
E Mario riprende:
“Saggezza antica, evidentemente persa nel corso del tempo; e sorge il dubbio che i mezzi oggi offerti dalla tecnologia, che permettono opere un tempo impensabili, valgano ben poco, se non supportati da una profonda conoscenza degli elementi con i quali le opere interferiscono!
Dopo qualche tempo dalla costruzione delle paratie, infatti, i pescatori cominciarono a lamentarsi perché, in caso di presenza concomitante di mare grosso e fiume gonfio, non riuscivano a rientrare in porto. Esaminato il problema, lo stesso Ente decise che sarebbe stato necessario costruire una diga foranea a protezione dell’imboccatura perché questa opera avrebbe evitato l’insorgere di sistemi d’onda pericolosi causati dallo scontro dei due flussi contrapposti del mare e del fiume.”
Afferrate altre carte dal suo mucchio voluminoso, continua:
“E’ notevole, a questo proposito, un articolo apparso su una pubblicazione curata, sul finire degli anni ‘80 dalla Provincia di Pescara, (Il Porto di Pescara) nel quale il progettista delle opere, evidenziata la difficoltà d’accesso al Porto canale di Pescara, illustrava il progetto redatto per ovviare all’inconveniente e scriveva in proposito:
“Le mareggiate da quest’ultima traversia (da Sud) si verificano pochissime volte nell’anno e in queste occasioni i pescatori restano all’ormeggio o, se in mare, cercano rifugio in porti con bocche più sicure”
ed ancora:
“inoltre, le navi sempre più frequentemente sono costrette ad attendere in mare aperto, in quanto spesso si verifica che pur esistendo la disponibilità della banchina, la stessa non può essere utilizzata poiché il mare grosso impedisce l’ingresso in porto, con grave danno per l’economia del trasporto”
Ricordati di questa frase, Paolo, perché la ritroveremo con parole solo leggermente diverse alla fine del mio racconto!”
“Ma come – gli dico – “dopo trent’anni che il porto funzionava regolarmente nessuno si è chiesto come mai fosse diventato urgente difenderne l’ingresso dalle mareggiate da sud?”
E lui “Questo è la prima di tante stranezze di cui ti racconterò”
E prosegue:
“La soluzione subito individuata consisteva, essenzialmente, in una diga foranea da realizzarsi davanti all’imboccatura del porto canale, inclinata rispetto alla costa, in modo da offrire il maggior possibile ostacolo alle più pericolose mareggiate provenienti da Nord.
Per lo studio della forma e della dislocazione più efficienti della diga foranea e del molo di levante (quello attualmente in costruzione), che sarebbe stato realizzato in un secondo momento, si utilizzò “un modello fisico tridimensionale a fondo fisso”.
Risultò dalle prove che una determinata soluzione (la n. 4, per l’esattezza) avrebbe causato la maggior attenuazione delle altezze d’onda in corrispondenza dell’imboccatura del porto.
La stessa soluzione si dimostrava vantaggiosa anche per la facilità di manovra per l’ingresso in porto. A tal proposito vennero effettuate prove con il simulatore di manovra “Simon” messo al punto presso il Centro per gli studi di tecnica navale di Genova con riferimento ad imbarcazioni del tonnellaggio della motonave “Tiziano” che, all’epoca, effettuava regolare servizio di traghetto per la Iugoslavia.
Per inciso le manovre d’ingresso al porto partivano dal presupposto che si potessero utilizzare, a seconda della direzione di provenienza delle onde, sia il canale Nord che quello Sud.
Studio, quindi, apparentemente ben curato e lungamente meditato, se non fosse che venivano completamente ignorati sia l’effetto di eventuali correnti costiere, sia la distribuzione dei depositi fluviali che, guarda caso, ammontano, per le sole torbide sospese, a circa 1.000.000 di tonnellate per anno!
Probabilmente la considerazione di questi fattori avrebbe fatto intendere meglio come mai nessuno sbarramento trasversale sia mai stato realizzato di fronte a porti-canale.
Questa è la soluzione prevista ed, ora, quasi ultimata:
immagine 1 |
Così, invece, si prevedeva di effettuare le manovre di ingresso al porto.
L’immagine è tratta dalla citata pubblicazione edita a cura della Provincia di
Pescara:
(Immagine_2) |
“ I fatti successivi ti faranno ben intendere che, strano a dirsi, le cose sono andate veramente così.
Come si vede dalla figura erano previste due dighe: la prima, esterna, è già in funzione, mentre la seconda, interna, è quella della cui costruzione, proprio in questi giorni, visti i risultati, si sta decidendo se portare a termine o meno.
Dopo qualche tempo dalla realizzazione della diga esterna, le analisi sulla purezza delle acque di balneazione aveva messo in evidenza un aumento consistente degli inquinanti su tutte le acque costiere a nord del porto, in particolare dalla sua imboccatura fin quasi a piazza Duca degli Abruzzi, tant’è che fu vietata la balneazione e molti stabilimenti balneari furono costretti a costruire piscine sull’arenile (sic).
Ma c’è di più: i malcapitati che, oppressi dalla calura estiva, tentavano, in quella zona, di bagnarsi, come sempre si era fatto, nelle accoglienti acque dell’Adriatico, avevano (e l’hanno tuttora) la spiacevole sorpresa di sentire fredde le acque sulle spalle e calde in corrispondenza dei piedi, quasi che l’acqua del mare fosse stratificata con diverse temperature.
Ed in effetti così avviene, poiché l’acqua del fiume, più fredda, è più leggera delle acque, salate, del mare, e su di essa galleggia per lungo tratto.
Ma non è tutto; la nuova costruzione (allora la sola diga foranea) aveva determinato l’accumulo di sedimenti, soprattutto nel canale verso Nord.
Dalle immagini che seguono, relative ai rilievi batimetrici dello stesso fondale fatti in epoche diverse, si evidenzia immediatamente dove si erano depositate le torbide trasportate dal Fiume Pescara:
(Immagine_3)
Elaborazione tridimensionale della batimetria rilevata all’atto della redazione del progetto
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(Immagine_4) Elaborazione tridimensionale della batimetria rilevata nei primi anni ’90, circa tre anni dopo il completamento della diga foranea. |
Elaborazione tridimensionale della differenza tra le quote di fondo, che evidenzia i soli interrimenti.
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Infatti l’ingresso dei natanti da nord era divenuto praticamente impossibile perché su questo lato il fondale si interra molto velocemente, e quindi esso è utilizzabile soltanto da barche con basso pescaggio, o solo con mare calmo. Per la cronaca la profondità è di circa 3-4 m, insufficienti a garantire la navigazione a barche con pescaggio di 2 m se vi sia mare mosso.
Infatti, a causa delle correnti prevalenti che, contrariamente a quanto generalmente accade nell’Adriatico, nel tratto immediatamente antistante il Porto di Pescara provengono da sud, gran parte degli apporti solidi che provengono dal fiume, vengono portati verso l’imboccatura di Tramontana.
La fotografia aerea che segue, ritoccata nel solo contrasto per evidenziare la diversità di colore dell’acqua più bassa, mostra chiaramente come e dove si siano localizzati i depositi melmosi del fiume:
(Immagine_8) |
Le proteste dei cittadini, privati del beneficio di un bagno estivo
rinfrescante, e quelle dei balneatori, che vedevano decurtato il loro giusto
guadagno, per diversi anni hanno occupato le pagine delle cronache locali
focalizzando l’attenzione di tutti sull’inquinamento del Fiume Pescara.
Unico merito della diga foranea, forse, è stato quello di avere messo a nudo questo grave problema che faticosamente si cerca ora di risolvere.
Ma quello della sicurezza della navigazione era rimasto irrisolto, anzi aggravato dal continuo interramento dell’imboccatura nord.
A quel punto una grossa Società Nazionale di riprese aeree mi fece vedere un’immagine ripresa da un aereo, con uno scanner multispettrale, della costa antistante Pescara.
L’immagine all’infrarosso, che evidenziava, con ottima risoluzione, l’andamento delle temperature della superficie del mare è questa:
(Immagine_6) CISIG |
Con assoluta evidenza venivano provate le osservazioni – empiriche – che si erano fatte da terra: l’acqua, inquinata e fredda, del fiume, ribattuta dalla diga foranea, si riversava sulla spiaggia di Pescara dal porto canale sin quasi alla periferia nord della Città!
La foto capitò, tra l’altro, tra le mani di Antonio Spina.”
“E chi è costui? Che c’entra col porto e con i suoi problemi?” gli chiedo.
E Mario: “Antonio Spina è un galantuomo che (come il suo cognome chiaramente denuncia) appartiene ad una stirpe di pescatori, sebbene le vicende della vita lo abbiano, suo malgrado, confinato in una edicola di giornalaio in via Marconi.
E’ curioso che la stessa edicola appartenesse, prima, a Benito Merenda, purtroppo deceduto, notissimo e stimatissimo personaggio, che tutta la vita aveva combattuto contro le storture della nostra società.
C’e’ da chiedersi se il Destino abbia artatamente portato Antonio Spina nella stessa edicola, o se emani da quella un’aura che spinge alla lotta contro le ingiustizie.
Sta di fatto che Spina, da null’altro animato che dal suo amore per la sua Città, per il porto, che tanto aveva frequentato e frequenta, e da un disinteressato amore per la Giustizia, cominciò una accorata campagna, scrivendo a destra ed a manca, per evidenziare come la diga foranea fosse la rovina della Città e come il problema della sicurezza e dell’ampliamento del porto andava sì affrontato, ma con soluzioni tecniche diverse.
Tutte queste cose fece con sacrificio, di tempo ed economico, personale giungendo sino ad affittarsi un sito WEB, ancora attivo, che ti segnalo www.portodipescara.com (archiviato, NdR. Da esso è stato ripreso quest'articolo).
In prima istanza ne ebbe oscure minacce; non ultima quella di essere denunciato per aver procurato allarme ingiustificato tra la popolazione!
A quel tempo (1999/2000), quando non era stata ancora intrapresa la costruzione del molo sud, la marineria era abbastanza soddisfatta della soluzione adottata, perché, seppure con qualche difficoltà, derivante dalla necessità di aggirare l’estremo sud della diga foranea, pure l’ingresso al porto era in ogni circostanza possibile per lo spazio, notevole, disponibile per la manovra.
Non altrettanto felice, invece, era la situazione dei balneatori, che vedevano la loro attività gravemente compromessa dalla raffica di divieti di balneazione emessi a causa del notevole inquinamento delle acque costiere.
Io stesso, caro Paolo, ho sofferto all’asciutto la calura estiva di quell’anno poiché davanti allo stabilimento balneare che frequento, era vietato immergersi in acqua.
Apparve, però, subito chiaro che l’eventuale completamento del progetto avviato, con la realizzazione della diga di levante, avrebbe peggiorato la situazione sia perché avrebbe diminuito la luce d’efflusso dell’acqua di fiume verso sud, aumentando, di conseguenza, la portata, e l’inquinamento, verso nord, sia perché il restringersi dell’ingresso all’avamporto avrebbe reso più difficile le manovra dei natanti.
E fu altresì chiaro che i nuovi moli, previsti per l’attracco di traghetti ed imbarcazioni turistiche, trovandosi a lato della corrente del fiume, sarebbero divenuti presto impraticabili per l’interrimento dello specchio antistante. Né ci vuole, per questa semplice previsione, una grande esperienza, tanto essa è immediata”
E prosegue
“Il 4 marzo 2000 venne elaborato un esposto, redatto da Antonio Spina e sottoscritto da molti pescatori, inviato alla Procura della Repubblica, nel quale erano riportate, tra l’altro le seguenti frasi profetiche:
“Con la costruzione del secondo lotto del porto (molo di levante con due banchine per l'attracco di traghetti passeggeri) la suddetta imboccatura di sud-est verrà a restringersi notevolmente, fino a compromettere in modo inaccettabile la nostra sicurezza in mare.
Difatti, dalle risultanze del progetto, la nuova distanza fra il fanale verde della diga ed il fanale rosso del nuovo molo di levante diventerà ridotta a circa 150 metri.
In caso di vento di traversia, cioè da nord-est (greco), il peschereccio, per rientrare nella ristretta imboccatura, deve traversarsi, offrendo la fiancata alle onde frangenti: si immaginino le conseguenze.
Senza il nuovo molo di levante, oggi, si riesce a manovrare in quanto l'ampio spazio a disposizione lo consente, ma una volta ultimata l' opera si rischierà la vita degli equipaggi.”
Il Comune di Pescara, pure estremamente favorevole, allora, al completamento dell’opera, pressato dalle insistenze di Spina e dei pescatori che condividevano le sue idee, dette incarico all’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (allora ANPA) di elaborare uno studio per accertare se il danno ambientale osservato (inquinamento della costa nord di Pescara) derivasse dalla diga foranea e quali provvedimenti potessero, eventualmente, adottarsi per eliminare l’inconveniente.
Lo stesso Ministero dei Lavori Pubblici, da cui l’appalto per il completamento dell’opera dipendeva, organizzò una Commissione tecnica ad alto livello, cui parteciparono, oltre a tecnici dell’Ufficio del Genio Civile Opere Marittime di Ancona, che aveva redatto il progetto e cui competeva il suo completamento, anche un esperto di fiducia del Ministero stesso ed un rappresentante dell’ANPA.
La Commissione, nella sua relazione conclusiva riconosceva, sorprendentemente, che l’inquinamento della costa era causato dalla Diga foranea e così descriveva la situazione:
“Si può assolutamente affermare che la costruzione della diga foranea ha causato, rispetto alla situazione precedente, un sensibile peggioramento della qualità dell'acqua marina lungo il litorale posto ad Ovest del porto. Tale peggioramento è certamente aggravato dalle opere di difesa parallele emergenti che ostacolano la diluizione dell'acqua ad opera delle correnti litoranee causate dal moto ondoso incidente. Per contro, si può affermare che la diga non ha peggiorato la situazione preesistente lungo il litorale posto ad Est della foce fluviale, schermato dalla presenza del porto turistico, come accennato sopra.
Maggiori dettagli possono essere ricavati dall'esame delle figure 3 e 4. La prima (immagine all'infrarosso termico del CISIG) indica come la struttura disegni una linea di demarcazione netta nella distribuzione delle temperature. Naturalmente un'analisi quantitativa è possibile solo in presenza di dati relativi alle condizioni meteomarine al momento della ripresa nonché avendo a disposizione analoghe riprese in assenza della diga foranea. E' possibile ipotizzare che le informazioni relative al campo termico descritto in figura 3 possano essere estese, in maniera indicativa, agli aspetti di salinità e qualità delle acque (trattandosi comunque di fenomeni di trasporto/diffusione). E' interessante rilevare le indicazioni di tipo idrodinamico fornite da questa immagine, che presenta molti caratteri in comune con i test di visualizzazione in galleria del vento intorno ad un profilo alare: si nota la scia rilasciata dalla struttura, con il tipico “difetto di velocità” che genera una cuspide in corrispondenza del fronte termico. Sono altresì evidenti strutture vorticose a valle del “bordo di uscita del profilo alare” (testata Est della diga).”
Ed ancora:
“La diga foranea altera il trasporto solido litoraneo che si avrebbe in sua assenza fondamentalmente a causa della modifica del campo di circolazione costiero da essa prodotto.”
Di fronte a tali constatazioni, e ad altre che, per brevità, non ti descrivo, la Commissione così concludeva circa la possibilità di completare il progetto con la costruzione del molo di levante:
“Sulla base degli studi finora eseguiti, si può affermare che in assenza di ulteriori provvedimenti finalizzati ad impedire il deflusso delle acque fluviali verso Ovest, la realizzazione del molo di levante potrà causare, in concomitanza alle condizioni ambientali più frequenti durante il periodo estivo, un peggioramento, seppur contenuto, degli indicatori di qualità dell'acqua marina lungo il litorale posto ad Ovest della foce fluviale. Per contro, la realizzazione del molo di levante produrrà certamente un miglioramento in termini di riduzione del moto ondoso che penetra all'interno del porto-canale con mareggiate provenienti da Est (come provato dai test svolti presso la società Estramed). Con riferimento al litorale posto ad Est della foce fluviale, il molo di levante potrebbe produrre un miglioramento della qualità delle acque costiere rispetto alla situazione a causa di una possibile accentuazione dell'effetto schermo dovuto al porto turistico.
Il gruppo di lavoro ritiene che l'ulteriore impatto indotto dalla costruzione del molo di levante (vedi punto e) possa essere compensato con i provvedimenti indicati nel paragrafo 4.3.
4.3 Opzioni possibili
Il gruppo di lavoro ritiene che oggi siano possibili le seguenti opzioni:
- rimuovere la diga foranea. Ciò produce il massimo effetto positivo immediato dal punto di vista ambientale, comportando però il massimo onere; infatti, a meno di rinunciare al porto, questa opzione richiede la ridefinizione completa delle opere marittime nel loro complesso.
- mantenere la situazione attuale e realizzare interventi rivolti ad eliminare gli effetti negativi indotti dalla diga foranea sulla qualità dell'acqua che interessa il litorale posto ad Ovest della foce fluviale. L'aspetto positivo di questa opzione è solo di tipo ambientale perché consente il ripristino di una situazione simile a quella che esisteva antecedentemente alla costruzione della diga foranea senza nel contempo trarre i benefici tecnici previsti dalla realizzazione del molo di levante (riduzione del moto ondoso, costruzione di un terrapieno e di due nuove banchine di riva per potenziare il traffico marittimo, possibilità di poter disporre di una vasca di colmata dove poter riversare il materiale che deve essere dragato nel tratto terminale dell'asta fluviale).
- realizzare sia il molo di levante che interventi rivolti ad eliminare gli effetti negativi indotti dalla diga foranea sulla qualità dell'acqua che interessa il litorale posto ad Ovest della foce fluviale. In tal caso si potrebbero ottenere sia gli aspetti ambientali positivi previsti dall'opzione 2 che quelli tecnici previsti dal Piano Regolatore Portuale e sinteticamente richiamati al punto precedente.”
Nel caso (ma guarda un po’!) si fosse ritenuto di adottare la terza soluzione la Commissione suggeriva i seguenti accorgimenti costruttivi:
“Invece, qualora si decidesse di seguire l'opzione 3, il gruppo di lavoro suggerisce comunque di apportare fin da ora alcune varianti al progetto in corso di realizzazione da parte del Genio Civile delle Opere Marittime di Ancona. Tali varianti sono rivolte e favorire il deflusso delle acque del fiume Pescara verso la direzione Est e quindi a contenere gli effetti negativi che si attendono dalla realizzazione del molo di levante. In particolare si suggerisce di:
- arretrare la testata del molo di levante di circa 30 metri verso la direzione Sud - Est come indicato nella figura 9 (mantenendo l'allineamento previsto per la scogliera posta a protezione del terrapieno);
- realizzare fin da ora il dragaggio del canale Est di accesso al porto garantendo una profondità lungo tutto il canale non inferiore a 8 metri (profondità esistente prima della realizzazione della diga foranea)…
Si evidenzia infine che l'arretramento della testata del terrapieno produrrà, rispetto a quanto previsto dall'attuale progetto, una maggiore penetrazione del moto ondoso proveniente dalla direzione Nord - Est. Tuttavia, in futuro tale maggiore agitazione ondosa, qualora dovesse risultare non compatibile con le attività del porto, potrà essere compensata da una modifica planimetrica dalla testata Est della diga foranea. Il gruppo di lavoro ha verificato la realizzabilità tecnica delle modifiche sopra indicate.”
Sconcertante la conclusione, date anche le premesse!
E’ come se un team di clinici illustri, chiamato ad operare un paziente gravissimo ed essendosi accorto di aver commesso un errore irreversibile, si trovasse a discutere sulle queste tre alternative:
- uccidiamo subito il paziente per evitargli ulteriori sofferenze;
- sospendiamo tutto ed andiamocene al cinema, che tanto il paziente è fregato;
- continuiamo l’operazione, che tanto peggio di così non potremo fare.
Ulteriori studi dell’ANPA e degli esperti nominati dal Ministero dei Lavori Pubblici, effettuati anche con l’ausilio di modelli matematici (sempre bidimensionali e con condizioni al contorno ipotizzate, perché mai misurate) portarono alla conclusione che la corrente fiume, per effetto della presenza del nuovo molo di levante, avrebbe effettuato una deviazione, elegante e mirata, verso destra, sino ad imboccare elegantemente il varco di 150 m esistente tra l’estremo sud della diga foranea e l’estremità del nuovo molo per disperdersi, senza danno, verso l’alto mare.
Il gioco era fatto. Alla luce di queste conclusioni, e senza alcuna ulteriore indagine conoscitiva, si ritenne possibile dare avvio all’ulteriore lotto dei lavori, che comportavano una spesa, se non ricordo male, di circa 28 dei vecchi miliardi.”
Ed io “Ma com’è possibile? Dopo aver constatato che cosa era capitato continuarono nella realizzazione del progetto originario? Ma a nessuno è saltato in mente che, forse era necessario ristudiare a fondo l’intera questione?”
“Ti ho premesso che la vicenda, per come si è svolta, appartiene più al dominio dell’antropologia che a quello dell’ingegneria!
Non ti dico, in quel frattempo, quale confuso vocio si è levato da parte di personaggi più disparati, fedelmente riportato dalla stampa locale.
Qualcuno, senza sapere che volesse dire, invocò anche un ipotetico effetto “Venturi”, del quale aveva una vaga reminiscenza scolastica, per sostenere, con sicumera, che dopo la costruzione del nuovo molo l’acqua del fiume sarebbe stata “risucchiata” al largo, senza più riversarsi sulla spiaggia.
Qualche dubbio, tuttavia, la soluzione adottata dovette lasciarlo in qualche membro della Commissione, visto che patrocinò lui stesso un ulteriore ipotesi di progetto di completamento del porto del quale lo schema fondamentale così fu riportato dalla stampa locale:
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La soluzione prospettata, ritengo, avrebbe un solo vantaggio: quello di creare un nuovo posto di lavoro, in quanto un avvistatore specializzato dovrebbe risiedere in permanenza presso l’argano predisposto per il posizionamento della barriera galleggiante!
E si conseguirebbe, per la Città di Pescara anche un nuovo primato mondiale, che verrebbe riportato con certezza nel Guinnes dei primati, quello, cioè, di aver quasi completamente ingabbiato la foce di un fiume!!
Da tutto ciò potrebbe derivare anche un incremento del turismo, sempre attratto dai primati e dalle stravaganze.
Meno, immagino, sarebbero felici i Pescatori di trascinare nella fanghiglia puteolente, quale certamente sarebbe depositata dal fiume nel loro costruendo nuovo porto, le loro povere imbarcazioni nel tentativo vano di portarle in mare aperto.
Ma, ti ripeto, la vicenda, della quale ti ho riportato i soli aspetti che potrebbero definirsi tecnici, ma che di tecnico hanno effettivamente ben poco, è stata accompagnata e commentata da prese di posizione (pro o contro questa o quella soluzione) di politici e benpensanti di varia estrazione culturale che hanno discettato con grande serietà su argomenti che erano e sono squisitamente ingegneristici; e, se me lo consenti, di una branca dell’ingegneria, quella delle costruzioni marittime, di per sé estremamente difficoltosa, per la molteplicità dei fenomeni che occorre tenero sotto controllo, ed anche estremamente desueta per la relativa rarità dei progetti da eseguire e, di conseguenza, dei progettisti qualificati.
E così medici, operatori turistici, balneatori, pescatori, ciascuno dei quali mai si sarebbe sognato di realizzare un pollaio in casa propria senza la consulenza di un tecnico qualificato, tutti in completa buona fede, hanno ritenuto di proporre, o approvare o disapprovare soluzioni tecniche, come se non di ingegneria si trattasse, ma solo di senso comune.
Tutte queste proposte cervellotiche sono state riportate, puntualmente, dall’attento quotidiano locale e qualcuna ne ho conservato, sotto forma di immagine, perché particolarmente balzana, come quella che ti mostro:
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E tanta è stata la sua delusione che alla fine ha deciso di rinunciare alla lotta intrapresa.
(NdR: non ancora !)
Nel frattempo, a corollario dei maggiori danni prodotti dalla diga foranea, si è anche verificato, come facilmente prevedibile, il progressivo interrimento dell’arenile nella zona immediatamente a nord del porto, protetta dallo sbarramento costituito dalla diga foranea.
Attualmente i primi quattro trabocchi più vicini a riva sono completamente circondati da sabbia e le reti, se fossero utilizzate, non potrebbero che pescare qualche cane portato lì a passeggio da padroni affettuosi.
Ma, stranamente, le concessioni, originariamente per la pesca, sono rimaste, ed i trabocchi si vanno trasformando in leggiadri “pied a terre” sulla spiaggia per le riunioni conviviali di nuovi proprietari.
Ma torniamo ai fatti.
Intrapresa, e quasi ultimata, la costruzione del molo di levante sono, come previsto, aumentate le difficoltà d’ingresso al porto tanto che in occasione delle ultime feste natalizie, quando più forte era la richiesta di pesce e, di conseguenza, più urgente l’esigenza di andare a pesca anche con mare mosso, molti pescherecci hanno corso serissimo rischio di naufragio durante la manovra di rientro.
E l’esposto presentato nel 2000 alla Procura della Repubblica, e da questa archiviato, descriveva esattamente le condizioni verificatesi, quasi fosse stato scritto dopo il Natale 2003!
La vicenda culmina il 20 gennaio 2004, quando la Capitaneria di Porto di Pescara, preso atto della situazione, è costretta ad emettere l’ordinanza n. 2/2004 il cui articolo 1 così testualmente recita:
“In caso di condizioni meteo marine avverse nel tratto di costa antistante il porto di Pescara che, secondo i canoni dell’arte marinaresca, siano tali da compromettere la sicurezza dell’unità e mettere in pericolo il suo equipaggio, il comandante dell’unità medesima (omissis) … non dovrà effettuare la manovra di ingresso, valutando se mettersi alla cappa o dirigere verso altri porti”
Costruite opere colossali, spese somme ingentissime si è acclarato in modo inequivocabile che il Porto di Pescara, in condizioni di mare grosso, è inutilizzabile.
Esattamente come lo era all’inizio di questa vicenda, per ammissione dei progettisti delle opere; ed, anzi, peggio, poiché se prima l’accessibilità al porto era limitata solo in caso di mareggiate da “levante”, rarissime, ora lo è anche in caso di mareggiate da nord, decisamente più frequenti! Il mettersi ‘alla cappa’, poi, evoca immagini di vecchi film, di velieri in lontani mari burrascosi e di capitani orgogliosi ed eroici, bel lontane dai poveri pescatori che sperano di vendere al più presto il pesce pescato e tornarsene, finalmente, a casa”
“Ed ora che succederà?” gli chiedo, abbastanza frastornato.
“Ci si può aspettare di tutto, visti i precedenti! Anch’io sono abbastanza curioso. Nel frattempo continua la solita ridda di riunioni, ipotesi e proposte, mirate alla ricerca di un consenso popolare più che di una soluzione tecnica.
Una delle proposte, illustrata dal solito giornale è quella che ti mostro:
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sempre rigorosamente arrangiata e senza riscontri quantitativi. Ne verrebbe fuori, se realizzata (e l’ipotesi è abbastanza cervellotica da avere buone speranze!) una sorta di chicane per barche da pesca, particolarmente emozionante in caso di mare mosso!
Le ultime notizie di stampa, tuttavia, parlano di una resa incondizionata del Ministero delle Infrastrutture (ex Lavori Pubblici) che consegnerebbe al Comune di Pescara tutto il garbuglio. E speriamo che qualcuno riesca a trovare il sistema di dipanarlo!”
“Se i Fenici …..”
Mario Russo aveva ragione.
Questa vicenda che sembra incredibile, purtroppo è accaduta realmente e tra la generale indifferenza di quanti frequentano la spiaggia o hanno comunque interessi connessi con le opere portuali; essa suscita disagio e perplessità sul come si sia potuta verificare, oltretutto perché qui si tratta della realizzazione di una grande opera. Il pericolo ora sta nella fretta di raggiungere i risultati ed evitare le proteste di questa o di quella categoria, crea danni maggiori di quelli che si voleva evitare.
“Se i Fenici …..”
Certamente i Fenici non avrebbero commesso questi errori elementari perché avrebbero utilizzato il metodo scientifico universale, anche se all’epoca la scienza era ai primordi, che consiste in queste tre fasi: osservo, rifletto, deduco.
In primo luogo non avrebbero sostituito le palificate discrete con diaframmi continui perché osservando il moto ondoso all’interno del porto avrebbero notato come questo si smorzava sotto le banchine perdendo energia; non avrebbero poi costruito la diga esterna senza prima avere studiato il gioco delle correnti, cosa che ancora oggi sembra non sia stato fatto; ed infine non avrebbero costruito la diga interna considerando i pessimi risultati che, sin dalla posa dei primi massi delle scogliere, questa aveva mostrato.
La storia è l’emblema di un modo di fare che purtroppo non fa più indignare nessuno. Si è partiti dalla ricerca della soluzione per dare modo alle barche di utilizzare in modo sicuro il porto in tutte le condizioni di tempo. Dopo vent’anni non solo non si è risolto il problema ma lo si è aggravato. Sembra proprio sia sfuggito a chi di dovere il fatto che, costruendo un muro alla foce del Pescara, il deflusso delle sue acque sarebbe stato deviato, così limitando quella depurazione naturale che è la diluizione: essa, proprio per fiumi che scorrono in zone fortemente antropizzate, aiuta notevolmente il lavoro dei depuratori. Né sembrerebbe si sia avuta considerazione di quello che tutti sanno e che cioè a Pescara le correnti (costiere, NdR) provengono da sud.
Tutte le ipotesi di base, purtroppo, non hanno trovato conferme sul campo. Ma la cosa più grave è che dopo vent’anni di lavori, dopo avere speso somme ingentissime, dell’ordine di diecine dei vecchi miliardi, il Porto di Pescara è agibile soltanto con mare poco mosso.
Se non fosse una storia vera, sarebbe da pensare veramente ad un racconto romanzesco.
Cosa fare.
Le zagaglie forse non servono a portare a soluzione il problema ma qualche cosa bisogna pur fare se si vuole evitare che il Porto di Pescara sia definitivamente declassato e dopo avere speso molto denaro. Vi sono diverse soluzioni proposte e da più parti: molte fantasiose, altre con un certo fondamento scientifico. L’unica cosa che certamente manca è lo studio scientifico delle correnti (NdR: ma.... Clicca qui) e delle altre variabili che con l’azione del mare sono connesse, senza il quale qualunque scelta sarà improvvisata e si otterranno risultati aleatori che mal si addicono ad un’opera di ingegneria.
Solo dopo avere analizzato i risultati si potrà passare alle prove su modelli matematici, definendone correttamente le condizioni al contorno, ed infine anche a progetti in iscala ridotta rammentando, comunque, che la natura non va mai forzata ma solo assecondata e guidata a nostro vantaggio gradatamente e senza scosse.
Natura non facit saltus.
Pubblicato sulla rivista dell'Ordine degli Ingegneri di Pescara nell'estate 2004.
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