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sabato 28 settembre 2019

Correnti, venti costieri e interrimenti / 2

di Antonio Spina

Settembre 2019

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Dopo l'ultimo incontro sul Piano Regolatore Portuale di Pescara presso il Ministero delle Infrastrutture, presenti il presidente della VIII Commissione Trasporti (sen. Coltorti), la deputata Grippa (VIII Comm. Trasporti della Camera), l'Autorità Portuale del Medio Adriatico e la Direzione Marittima di Pescara, e facendo seguito alle opposizioni al PRP dei comandanti dei pescherecci del porto e di altri soggetti (ordine ingegneri PE geologi, ambientalisti), si sono riaccese le discussioni tecniche sulle strutture portuali, sul fiume, sui profili costieri, sugli interrimenti, sulle correnti, sui venti, etc...

Allora qui vogliamo approfondire le regole generali di tali fenomeni per una migliore comprensione dei loro effetti sulla natura dei paraggi.

Scrive nel suo libro "Al largo" Alain Gliksman (noto navigatore in solitario francese degli anni '60), libro su cui abbiamo affinato le nostre conoscenze marinare:


"LE REGOLE FONDAMENTALI"
"Gli idraulici non esitano a riprodurre in modellino il profilo di una data zona per prevedere il movimento delle acque. Nello stesso modo, osservando le coste, le baie o i fiumi in miniatura si giunge a visualizzare il comportamento della corrente. Vengono così materializzate nozioni ben note che si possono riassumere così:
  •  in rettilineo la corrente è più forte dove l'acqua è più profonda. Diminuisce quando il fondo risale o lungo le rive.
  • quando il passaggio si restringe, la velocità della corrente aumenta. E' evidente come, rimanendo costante la portata e diminuendo la sezione, la velocità aumenti 

Figura 1

La corrente risente in modo particolare della prossimità di un promontorio. 
E' interessante quindi osservare il comportamento della corrente in relazione ad una sporgenza della costa.
  • una punta posta trasversalmente porterà ad un aumento della velocità della corrente alla sua estremità. Viceversa, al di là, si produrrà una depressione con formazione di controcorrente. La corrente faticherà di più a cambiare direzione quanto più è veloce.
Figura 2


Queste poche nozioni elementari sono sufficienti per prevedere l'andamento della corrente nella maggior parte dei casi". 

Nel mare Adriatico, che prendiamo ad esempio, le correnti si muovono con la seguente configurazione, a noi già conosciuta per via delle testimonianze storiche dei nostri pescatori e per le nostre esperienze veliche. 
Sappiamo da essi che, in Adriatico, c'è una corrente profonda ascendente davanti alle coste slave e discendente davanti alle coste italiane. 
Così d'altronde è raffigurato anche nelle tavole pubblicate nell'Atlante Tematico d'Italia dal CNR, per una migliore visione grafica:

Figura 3: le correnti generali nel mare Adriatico.


Sia la corrente ascendente slava sia la corrente discendente italiana non hanno una velocità particolarmente alta tranne che nel golfo della laguna veneta.
Infatti la corrente discendente sul versante italiano ha mediamente una velocità di circa 0,5 nodi e come ci dicono i nostri pescatori "va pe li gnò", va verso sud, se ad essa non si sovrappongono o la contrastano le correnti generate dai venti (10, 20, 30, 40 nodi) e dal moto ondoso conseguente.

La velocità delle due correnti (ascendente e discendente) viene calcolata da tempo dai pescatori , sulla base della loro esperienza nella pesca a strascico: facendo una rotta parallela alla costa italiana verso sud-est la velocità della barca aumenta di 0,5 nodi; facendo una rotta ugualmente parallela alla costa verso nord-ovest la velocità della barca diminuisce della stessa quantità.
I pescatori hanno così verificato che queste correnti generali sono  modificate soprattutto dalle correnti generate dal vento, e dal moto ondoso conseguente, che diventano prevalenti su di esse (quella ascendente o discendente), come rappresentata nella carta tematica del CNR.

E' importante fissare bene le nozioni sopra riportate, per comprendere quanto di seguito.

In natura il comportamento del vento presenta molte analogie con quello delle correnti.

Riprendiamo sempre dal libro "Al largo" i disegni di Alain Gliksman:


Figura 4: quando il vento incontra una costa alta si comporta così: una parte urta sulla scogliera , una parte devia verso l'alto e va a scapolare l'ostacolo.



Figura 5: quando il vento scende da una costa alta crea dei vortici (controcorrenti)


Figura 6: il vento all'uscita di una vallata si comporta così


Figura 7: il vento di fronte ad un'ansa della costa e al precedente promontorio tende ad assecondare il suo profilo.



Come si vede nella figura di sopra, quando il vento (e il moto ondoso e la corrente da esso generata) si avvicina alla costa tende ad assecondare il suo profilo.

Così una corrente (prendiamo sempre ad esempio i paraggi marittimi del medio Adriatico) incidente con un certo angolo sulla costa tende a diventare parallela alla costa stessa, in vicinanza della linea di riva.
E quindi anche il trasporto solido, soprattutto in presenza di una costa con bassi fondali sabbiosi, si comporta allo stesso modo.


I due moti ondosi prevalenti, sempre nel medio Adriatico, (principale e secondario) sono indicati in figura seguente con le frecce in sovrapposizione al grafico della statistica ventennale (1992-2011) del clima ondoso nei paraggi della costa abruzzese, rilevato dalla Boa Ondametrica Nazionale di Ortona  (www.Idromare.it).  
Il moto ondoso (e le correnti superficiali generate dal vento) in quegli anni provenivano  prevalentemente da Nord (da 330° a 35°) e da Est/Sud-est (da 60° a 120°)


Figura 8: quadro del moto ondoso, secondo la boa ondametrica di Ortona, rilevato in 20 anni (1992-2011)



Figura 9: la rosa dei venti.


Negli anni seguenti, riprendendo sempre le statistiche dei venti da www.Idromare.it (2012-2019), la statistica dei venti mette in risalto una maggiore provenienza da Nord e Nord-Ovest rispetto ai 20 anni precedenti:

Figura 9 bis: La statistica dei venti dal 2012 al 2019. 
In neretto il profilo approssimativo della costa abruzzese.


Dalla statistica allegata al progetto per il Piano regolatore Portuale di Pescara (2006) scendendo nel particolare, si rileva che i venti tendevano a girare a levante nei mesi autunnali e primaverili (da 65° a 100°):

Figura 11: figura estrapolata dallo studio meteomarino del P.R.P.
  


Figura 12:  figura estrapolata dallo studio meteomarino del P.R.P.


 Ed erano prevalenti da Nord (tramontana), ma più leggeri,  in estate: 

Figura 13: figura estrapolata dallo studio meteomarino del P.R.P.



Quindi, riassumendo, le correnti superficiali generate dai venti e dal moto ondoso provengono in medio Adriatico ancora principalmente da Nord (la principale) e da Est (la secondaria):

Figura 14: paraggi di Pescara.
Direzione del moto ondoso 1992-2011: principalmente da nord e con minore frequenza e intensità da est


Come sopra detto per i venti, le correnti incidenti in prossimità della costa tendono a seguire il suo profilo e a scorrere parallelamente ad essa; cioè si comporteranno come nella figura successiva:



Figura 15: Correnti della costa del medio mare Adriatico_Pescara


Di conseguenza, trattandosi in questo caso di bassi fondali sabbiosi, anche il trasporto solido va nella stessa direzione delle correnti.

In generale, se le correnti litoranee incontrano un ostacolo impermeabile (un porto, un pennello frangiflutti, etc...) esse, come sopra descritto per il vento (figura 4), tenderanno a scapolare l'ostacolo nella parte sopravento  e a creare dei vortici sottovento ad esso.
La figura seguente, ripresa dalla letteratura olandese a riguardo che ha messo in chiaro il nostro lavoro, illustra bene questo concetto:



Figura 16: la corrente quando incontra un pennello impermeabile crea dei vortici nella parte sottoflutto del pennello.


E quindi creeranno degli accumuli di sabbia nella parte sopravento all'ostacolo (pennello, promontorio) e una erosione nella parte sottovento, così come è descritto in particolare nella figura seguente:


Figura 17: accumulo ed erosione in presenza di un pennello impermeabile


Tale fenomeno è anche dimostrato in una geniale prova in una VASCA ARTIGIANALE  fatta da un amico, Paolo Serafini di Silvi (TE), con cui abbiamo condiviso un altro lavoro per la difesa della costa, che, pur con tutti i limiti del caso essendo completamente artigianale, rende un'idea precisa del fenomeno: vedi video Youtube.

A dimostrazione del fenomeno degli accumuli e delle erosioni ricordiamo che negli anni '60 furono posti a protezione della costa sabbiosa della riviera a nord di Pescara dei pennelli impermeabili di roccia.
Purtroppo l'effetto ottenuto non fu ritenuto soddisfacente ai fini del ripascimento della spiaggia in quanto si crearono degli accumuli sopravento ai pennelli ma delle erosioni sottovento. 
E quindi il tentativo di proteggere quel tratto di costa fu quasi inutile.

Dalla foto seguente si evince che in quegli anni i venti prevalenti provenivano evidentemente dal quadrante di est, sud-est (non abbiamo statistiche di quel periodo):


Figura 18: la costa a nord di Pescara negli anni '60


Dopo quell'esperienza negativa, per proteggere quella costa (dato che alcuni stabilimenti balneari erano crollati) si decise di posizionare  delle scogliere frangiflutti impermeabili emerse, parallele alla spiaggia. 

Come è spiegato nelle premesse allo studio DIFESE DI SPIAGGIA degli ingg. Marconi, De Santis e Matteotti (1979), "la morfologia delle spiagge (intese tecnicamente come aree nastriformi a cavallo di un litorale), dipende - come è noto -  essenzialmente dal movimento della sabbia al fondo lungo il litorale (trasporto solido) e dal bilancio di questo con l'apporto solido che viene immesso dai fiumi sullo stesso litorale.

Un tale bilancio è oggi sempre più sfasato per processi che dipendono, più che da fenomeni naturali, dal massiccio intervento dell'uomo sullo stato naturale dell'ambiente.

L' erosione delle coste rappresenta un problema che si pone su scala mondiale. Ad esempio negli Stati Uniti d'America, secondo gli esperti locali, un simile fenomeno, e la conseguente necessità di difesa delle spiagge, interessa attualmente uno sviluppo di circa 2500 miglia di coste.

In Italia si hanno dati meno precisi; ma nel rapporto della Commissione per la situazione idraulica e la difesa del suolo edito nel 1970, i compianti e noti studiosi Proff. De Marchi e Ferro stimavano, a quella data, in circa 1000 km le coste bisognose di un qualche sistema di intervento. Oggi a 10 anni di distanza dal precedente rapporto (1989, ndr), tenendo fede alle notizie che giungono da più fonti di informazione, si può stimare che siano 2000 i chilometri di costa italiana da sistemare, molti dei quali con particolare urgenza.

Non è quindi una novità che l'ingegneria costiera, come scienza che studia i fenomeni di squilibrio dei litorali e le modalità più opportune di difesa, sia diventata sempre più attuale, ma soprattutto più razionale nella ricerca delle opere di intervento per fare fronte ai pericoli di erosione lamentati.

Tuttavia nel nostro Paese non sembra che questa attualità abbia seguito di pari passo lo sviluppo raggiunto negli altri paesi più evoluti (come gli Stati Uniti, l'Inghilterra, l'Olanda) o tradizionalmente legati al mare (come il Portogallo e la Spagna).

In Italia - che per forza di cose è di tradizione marittima - si è generalmente operato in maniera piuttosto empirica ad opera di vari Enti ed Amministrazioni che, pur animati da buona volontà e spesso sotto l'assillante necessità, imposta da eventi più o meno eccezionali ed improvvisi, sono intervenuti con provvedimenti di difesa qualche volta efficaci ma spesso controproducenti, ovviamente per mancanza di analisi convincenti del fenomeno e per ignoranza del comportamento e delle funzioni delle varie opere in relazione alla particolare esposizione dei paraggi."


Gli olandesi, dalla cui letteratura sull'argomento abbiamo ripreso le figure riportate sopra e sotto, maestri nel "rubare" terreno al mare, invece, hanno risolto il problema già agli inizi del secolo scorso proteggendo le loro spiagge con pennelli permeabili di file di pali.

Perchè permeabili ?
Perchè la corrente, attraversando gli interstizi fra palo e palo (come nell'esperimento artigianale del nostro amico e nella foto seguente), non viene deviata come avviene in presenza di un pennello impermeabile ma viene solamente rallentata.
Rallentando la corrente, la sabbia da essa trasportata si deposita più facilmente tra una fila e l'altra  di pali senza creare il fenomeno dell'accumulo sopravento ed erosione sottovento come avviene in presenza di un pennello impermeabile.
Il fenomeno è ben spiegato nelle immagini seguenti:



Figura 19: presa dalla letteratura olandese: la corrente viene rallentata dalla fila di pali (è una doppia fila nell'immagine), e così la sabbia si deposita più facilmente sul fondo, creando così il fenomeno del ripascimento della spiaggia.




Figura 20: nell'immagine è spiegata la differenza degli effetti tra il pennello impermeabile e il pennello permeabile di file di pali.


Gli olandesi hanno difeso con il sistema delle file di pali permeabili tutta la loro costa, dove non solo il fenomeno dell'erosione viene limitato, ma ci sono risultati di ripascimento naturale molto evidenti, come si vede per esempio nelle spiagge di Domburg (scorrendo con Google Hearth la costa olandese si può verificare che è protetta tutta con lo stesso sistema di file di pali):



Figura 21: particolare della spiaggia di Domburg, protetta con il sistema dei pennelli permeabili di doppie file di pali. Da notare la parte più scura della spiaggia che raffigura il fenomeno del ripascimento avvenuto.



Figura 22: vista completa della stessa spiaggia di cui sopra.

In verità un piccolo esperimento di protezione della spiaggia è stato fatto anche a Pescara nord, in località Pinetina (fra Pescara e Montesilvano), nel secondo decennio degli anni duemila. 
I cinque o sei balneatori che hanno le concessioni davanti alla Pinetina hanno realizzato con l'aiuto finanziario della Regione una serie di file doppie di pali per proteggere la loro spiaggia.
I risultati positivi ottenuti si sono visti subito, tant'è che dopo le ultime mareggiate di febbraio 2020, la spiaggia è rimasta ben protetta dall'erosione ed anzi è avanzata di una quindicina di metri: vedi immagini seguenti: 



la spiaggia della Pinetina nel 2016
la stessa spiaggia della Pinetina nel febbraio 2020, dopo una forte mareggiata da nord.



Dicevamo che invece per proteggere la costa a nord di Pescara si decise negli anni '70 di posizionare delle scogliere frangiflutti impermeabili emerse.
Nei primi anni '70 furono posate le scogliere solo in un primo tratto di costa, dal porto fino a Pescara centro-nord:



Figura 23: le scogliere frangiflutti posate ai primi anni '70 tra il porto di Pescara e il centro città


Le scogliere frangiflutti impermeabili emerse crearono ripascimento davanti agli stabilimenti balneari che si volevano proteggere, ma crearono anche erosione all'inizio e alla fine della loro disposizione.

Il fenomeno che è ben spiegato nello studio DIFESE DI SPIAGGIA degli ingegneri V. Marconi, De Santis e Matteotti, pubblicato interamente in altra parte del blog (leggi tutto), è d'altronde ben visibile nell'immagine successiva:



Figura 24: anni '70. Spiaggia davanti alla colonia marina di Montesilvano, dove è ben visibile il fenomeno del ripascimento all'interno delle scogliere e l'erosione all'inizio e alla fine  di esse


Così che negli anni seguenti fu necessario posare altre scogliere impermeabili emerse fino al confine con Montesilvano, e poi di seguito fino alla foce del fiume Saline, come si vede nell'immagine seguente di quel tratto di costa al giorno d'oggi:



Figura 25: la costa tra la foce del Pescara e quella del Saline, 2019, tutta protetta da una continua fila di scogliere emerse impermeabili.


Negli anni '90 si decise di ampliare le strutture portuali di Pescara con la costruzione di una diga foranea (1997) e di un braccio di levante (2005).
Quelle strutture purtroppo negli anni seguenti si comportarono come una unica grande scogliera frangiflutti impermeabile emersa, creando enormi interrimenti al loro interno, nell'avamporto e nella nuova darsena (a cui si aggiunse il trasporto solido del fiume che non poteva più sfociare liberamente al largo):




Figura 26: l'accoppiata diga foranea + braccio di levante del porto di Pescara si comporta come un'unica grandissima scogliera frangiflutti (linea gialla). Le frecce rosse indicano gli interrimenti creatisi sia a nord del porto sia a sud.

Purtroppo, se le spiagge hanno bisogno di sabbia, i porti al contrario hanno bisogno di acqua: la conseguenza di tali opere fu che il porto si è insabbiato sempre di più, al punto che nel 2012 si è dovuto ricorrere ad un dragaggio generale di 300.000 mc circa per riaprirlo al traffico peschereccio e delle navi (era rimasto chiuso per un anno intero).
E il problema tutt'ora rimane, dopo alcuni dragaggi parziali.

In sovrappiù, l'intero complesso diga+braccio di levante+moli guardiani si comporta anche come un pennello impermeabile sporgente dalla costa, con il risultato che intercetta sia le sabbie che provengono da nord sia le sabbie che provengono da sud, a seconda di quali venti sono dominanti.
Ma ai fini dell'interrimento nell'area portuale l'insieme diga+braccio di levante, che altro non è che una grande scogliera frangiflutti, è stato certamente più forte della sporgenza a mare del porto stesso, e del suo effetto sostanziale di pennello impermeabile.

D'altronde si può vedere l'interrimento (detto tombolo) che si è creato anche in altre situazioni dove sono state poste in opera le scogliere frangiflutti impermeabili emerse, per esempio nella  costa laziale di Sabaudia, sul mar Tirreno, come in foto seguente:




Figura 27: una sequenza di scogliere frangiflutti a cui corrisponde all'interno una sequenza di interrimenti (tomboli) nella costa di Sabaudia (LT).


o nella costa mediterranea di Israele, a Tel Aviv, vedi immagine seguente, dove sono evidenti non solo i tomboli creati dalle scogliere, ma anche l'interrimento che avanza dalla spiaggia verso l'antemurale del porticciolo (l'antemurale è il braccio esterno). 
E' un fenomeno simile a quello del porto turistico di Pescara: 


Figura 28: la costa di Tel Aviv e il suo porticciolo.

Figura 28 bis: interrimenti accumulatisi all'imboccatura del Marina di Pescara, a destra (sud-est) del porto-canale.

Si può dire così che le scogliere artificiali impermeabili, poste di traverso alle correnti e al moto ondoso, soprattutto se in presenza di un fondale sabbioso che risale gradatamente, creano sottoflutto una zona di calma dove la sabbia si posa con facilità e provocano un avanzamento artificiale della linea di riva.
E' l'effetto tombolo, per cui le sabbie trasportate dalle correnti vengono per così dire "intrappolate" nella zona di calma sottovento alle scogliere.
Diversamente che con i pennelli impermeabili, si crea erosione nel lato sovraflutto ed accumulo nel lato sottoflutto:




Figura 29: Davanti  ad una scogliera (cioè sopravvento o sovraflutto) e alle sue estremità si crea erosione e quindi acqua più alta che all'interno  della stessa, dove ci sarà interrimento (o ripascimento, o tombolo)  




 Figura 30: foto della stessa costa laziale citata prima. Gli interrimenti avanzano dalla spiaggia verso il centro interno della scogliera (frecce nere).


Infatti le scogliere, o una diga, impediscono al moto ondoso di frangersi sulla linea di costa e di creare a volte erosione o a volte ripascimento in modo naturale, e piuttosto servono ad "intrappolare" la sabbia, come si vede nei disegni precedenti e seguenti:


Figura 31: Disegno di A. Gliksman: vento, moto ondoso in prossimità della costa e ampiezza della cicloide





Il moto ondoso si comporta in questo modo, quando si è in presenza di una scogliera impermeabile emersa (di colore verde nell'immagine in sezione):


Figura 32: Lo stesso fenomeno visto in sezione laterale: dove è evidente la diversa altezza fra gli interrimenti sottovento e l'erosione  sopravvento.
Il moto ondoso, con il fenomeno delle onde frangenti, interessa solo la superficie del mare con una ampiezza della cicloide pari alla intensità del vento. Le profondità del mare non sono interessate dal vento ma solo dalle correnti generali, dove siano presenti, e dovute ad altre cause (riscaldamento, salinità, etc...)





Figura 33: sezione particolare degli interrimenti


Così è stato dimostrato anche dalle prove in vasca nello studio "Difese di spiaggia". degli ing. Marconi, Matteotti, De Santis.

L'interrimento creato da una diga, posta su un basso fondale sabbioso, è naturalmente simile a quello delle scogliere ed è anche più evidente data la sua maggiore grandezza. 
Questo fenomeno, visibile in natura, è citato anche nella letteratura specifica sull'argomento. 
Riportiamo qui dal "Manuale di costruzioni portuali e costiere" del prof. Tomasicchio il suo disegno a proposito del comportamento degli interrimenti nel caso di una diga posta di traverso al moto ondoso prevalente in  una costa sabbiosa, dove, in presenza di una struttura portuale, è stato necessario successivamente un poderoso trasferimento di sabbia per liberare l'imboccatura del porto dalle ostruzioni createsi. 

L'esempio del prof. Tomasicchio somiglia molto alla situazione del porto di Pescara ed è descritta come fenomeno da evitare nella costruzione dei porti:



 Figura 34: somiglia molto alla situazione venutasi a creare davanti al porto di Pescara e senza l'aggiunta del trasporto solido  del  fiume.



Ora, senza quì ripercorrere tutte le vicende precedenti alla costruzione della diga foranea (1997)  posta davanti al porto di Pescara , già riportate in altra parte del blog, ci interessa adesso mettere in evidenza come si forma in sequenza l'interrimento sottoflutto ad una scogliera o ad una diga andando a rivedere come si formò l'interrimento sottoflutto alla diga: esso risaltava già nel 2000, tre anni dopo la sua costruzione, e comunque anche prima della costruzione del braccio di levante (a cui la comunità locale si era opposta).





Figura 35: il progetto della diga posta davanti al porto-canale di Pescara (a fianco, a destra, del vecchio molo sud è visibile il porto turistico)


Infatti nella seguente foto degli anni '70,  prima della costruzione della diga, si vede come la parte a nord del porto era in erosione, e sotto i trabocchi c'era acqua a sufficienza per la loro attività di pesca, e lo specchio d'acqua davanti alla spiaggia a nord del porto arrivava fin oltre il "moletto" (v. foto seguente),  che prendiamo come punto di riferimento per verificare gli interrimenti che si crearono successivamente:



Figura 36:
il moletto visto dal mare



Infatti già nel 2000, cioè 3 anni dopo la costruzione della diga, la situazione intorno al moletto, visto dalla spiaggia, si presentava così:



 Figura 37: il moletto insabbiato, visto da terra: fuoriescono dalla sabbia le parti più emerse del moletto. Sullo sfondo la diga foranea. Gli interrimenti  erano già avanzati di 40-50 metri dalla vecchia linea di battigia. 


Cioè gli interrimenti creati dalla diga cominciavano ad avanzare pian piano dalla riva verso il centro della diga nello stesso modo in cui li abbiamo visti avanzare sottoflutto alle scogliere, nelle situazioni precedenti. 

Per di più c'è da notare che il flusso del fiume e il suo trasporto solido neanche lambiva la spiaggia a nord del porto più vicina al molo, come si vede dalla foto seguente. 
Cioè nemmeno si può dire che gli interrimenti erano creati dal fango trasportato in quel punto dal fiume, perchè piuttosto il fango trasportato dal fiume andava ad accumularsi a ridosso della diga e poi a scorrere lateralmente verso sud-ovest e verso nord-est, come nelle immagini seguenti:





Figura 38: il flusso del fiume Pescara alla foce: uscendo dal porto-canale il flusso del fiume sbatte contro la parete interna della diga foranea e ritorna con due flussi verso le spiagge a nord-ovest e sud-est.


Infatti già nel 2003, a distanza di cinque anni dalla sua costruzione, il fenomeno dell'interrimento cominciava ad essere evidente anche a ridosso della diga, fenomeno accentuato dal trasporto solido del fiume che vi sbatteva contro. 
A dimostrazione che l'interrimento prima comincia a risalire dalla spiaggia, poi si fa più evidente nella parte interna della diga (o scogliera), in quell'anno l'ing. Mario Russo, direttore dell'Istituto Idrografico e Mareografico di Stato in Pescara, confrontò la batimetrie nell'avamporto dopo la costruzione della diga (1997) con quelle del 2003 e le trasformò in  3D: 





Figura 39: batimetrie in 3D dell'avamporto nel 2000. Già gli interrimenti avanzavano dalla spiaggia a nord del porto-canale (a sinistra nell'immagine) verso il centro della diga (come si vede dalle linee batimetriche rosse).





Figura 40: gli interrimenti nel 2003, a distanza di 5 anni dalla costruzione della diga, erano diventati ancora più evidenti sotto i trabocchi del molo nord (vedi le batimetriche rosse) a significare che avanzavano dalla spiaggia verso la diga. Intanto si erano formati in maniera evidente anche a ridosso della diga, dove si era aggiunto il trasporto solido (i fanghi) del fiume che vi sbatteva contro.



Dal confronto delle due immagini batimetriche in 3D risulta evidente come gli interrimenti prima cominciarono ad avanzare dalla spiaggia verso il centro della diga.
E quello specchio di mare che prima era in erosione (sotto i trabocchi, a ovest del fiume) cominciò ad interrarsi a causa dell'effetto tombolo creato dalla diga, così come è avvenuto con la posa delle scogliere frangiflutti in altri punti della costa italiana ed estera.

D'altronde, durante le fasi preliminari del dragaggio generale del 2012/2013, lo stesso Provveditorato ci passò una elaborazione in 3D degli interrimenti del porto di Pescara (nel frattempo era stato costruito anche il braccio di levante, 2005), in cui si vedono chiaramente (oltre agli accumuli di limo all'interno del porto-canale) gli interrimenti di colore della sabbia che risalgono dalla "spiaggia della Madonnina" a nord del porto verso il centro della darsena, a metà fra la diga foranea e il braccio di levante (come in figura 26):



Figura 41: Come volevasi dimostrare: queste sono le batimetrie in 3D del vecchio porto-canale e dell'avamporto rilevate dal Provveditorato OO. PP.  nel febbraio 2013.
Nella scala a colori degli interrimenti si parte dal colore sabbia, dove essi sono più forti, al blu, esterno alla diga e al braccio di levante, dove ci sono in progressione le maggiori profondità. 



La diga foranea quindi non è altro che una grandissima scogliera frangiflutti. 
E gli effetti che genera sono gli stessi. 
Essendo grande, anche il suo cono d'interrimento è grande ed è superiore anche al gioco delle correnti e controcorrenti litoranee, come vedremo più avanti. 

Il motivo è che, secondo noi, nei decenni precedenti (quando non c'erano ancora la diga foranea e il braccio di levante) è stato evidentemente prevalente il moto ondoso da est/sud-est (levante/scirocco) che ha creato nel lato sopravento ai due moli guardiani (a destra nella immagine seguente) un enorme accumulo di sabbia (tutta l'area chiamata ora ex-COFA) e nel lato sottovento erosione (dove sono i trabocchi).
Purtroppo non abbiamo statistiche dei venti di quegli anni, a conferma.  


Figura 42: il porto di Pescara nel primo dopoguerra. Da notare l'enorme accumulo di sabbia nel lato a sud dei moli guardiani (l'area dell'ex-COFA), e l'erosione nel lato a nord dei moli guardiani. Quando non c'erano i due moli guardiani la linea di riva era pressochè allineata a nord e a sud della foce del fiume.
Praticamente i due moli costituivano allora un grande pennello impermeabile posto sulla costa.


Per concludere, per questi motivi, da una parte si può dire che per la protezione delle spiagge è più efficace il metodo olandese con i pennelli di file di pali permeabili: tale sistema potrebbe essere applicato nei tratti di spiaggia già in erosione e non ancora protette con il solito sistema dei pennelli o delle scogliere impermeabili.

Dall'altra non vorremmo che il nuovo Piano Regolatore Portuale degli ing. Noli e De Girolamo (nuova diga+deviazione del fiume) ripetesse il disastro già sperimentato con il vecchio Piano Regolatore (diga + braccio di levante), in quanto prevede l'allungamento della vecchia diga foranea di 350 metri circa verso sud-est (v. immagine seguente).
Come se l'esperienza già fatta non servisse a niente.

Oltre all'effetto interrimento che può essere creato dal nuovo tratto di diga c'è da considerare che il bacino commerciale è completamente aperto verso est/sud-est e quindi predisposto a ricevere le sabbie provenienti da quella traversia.

Il nostro timore è che sia il bacino commerciale, che dovrebbe essere dedicato ai traghetti, sia il suo avamporto avranno molto probabilmente bisogno di notevoli dragaggi.

E in aggiunta, lo stesso nuovo tratto fiume deviato/porto-canale, se sarà dedicato ai pescherecci come pare sia intenzione dell'Amministrazione dopo aver eliminato la darsena a nord del fiume, avrà bisogno di essere dragato come sempre per permettere l'evoluzione dei pescherecci e per evitare il rischio di esondazione del fiume verso la città in caso di piena (trovando il porto-canale dragato e libero di sedimenti la piena scivolerebbe verso il mare senza esondare, come è avvenuto durante la piena del dicembre del 2013 verificatasi subito dopo il dragaggio generale del porto-canale).

I dragaggi sono il problema dei progettisti e degli Amministratori: è sicuro che saranno  evitati con l'adozione del nuovo PRP ?



Figura 43: il PRP di Pescara: in colore marrone le strutture esistenti; in colore grigio quelle da costruire: darsena pescherecci a nord-ovest del fiume; al centro il fiume deviato; a sud-est di questo, il bacino commerciale.
Nell'immagine, a destra sopra la Rosa dei Venti e sotto il moto ondoso dei paraggi (1992-2011).



Settembre 2019  (agg.to febbraio 2020)
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Post Scriptum:

Per questo motivo abbiamo presentato alle autorità civili e militari una Proposta di assetto portuale alternativa.
Proposta che non solo lascia l'assetto del porto a porto-canale invece che a bacino e limita il dragaggio a quello unico annuale storico all'interno del porto-canale di circa 30.000 mc all'anno.
Ma che ha un ingresso più agevole in caso di mare mosso da entrambe le traversie dei paraggi (da Nord o Est-Sud Est, come abbiamo visto sopra): leggi tutto.
E la facilità d'ingresso in un porto non è meno importante della calma all'ormeggio all'interno della sua struttura.

Si potrebbe obbiettare che nella nostra Proposta le nuove strutture aggettanti per circa 400 metri verso il mare potrebbero essere come un pennello impermeabile e creare quei fenomeni di accumulo ed erosione che abbiamo sopra descritto.
Ma la costa a nord e a sud è oramai protetta tutta con le scogliere frangiflutto e quindi tali fenomeni dovrebbero essere limitati (è ben più importante l'aggetto in mare delle strutture del porto di Ortona, in cui il solo nuovo molo nord sporge in mare per  1 KM).

Figura 44: La proposta alternativa di assetto portuale a porto-canale: in colore rosso le nuove opere da costruire. La parte in grigio tratteggiata è il tratto di diga da tagliare.


Quindi agli Amministratori è demandato il diritto-dovere di decidere velocemente in proposito, anche se il primo lotto dei lavori previsti dal PRP -l'apertura del varco nella diga per la nuova foce del fiume- è stato già realizzato (ma può essere lasciata così), per ridare alla città questa importante infrastruttura che è stata nei decenni passati il motore principale del suo sviluppo.


Figura 45: immagine google earth: il porto di Pescara a settembre 2019. E' ben visibile il varco aperto nella diga foranea per la nuova foce del fiume.






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