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mercoledì 22 febbraio 2012

Studio sulla costa pescarese: da Montesilvano a Francavilla

L'analisi storica dell'evoluzione del nostro litorale e la spiegazione pratica della possibile applicazione delle "Difese di spiaggia" degli ingegneri Marconi, Matteotti e De Santis fu fatta nel 2002 da:
Marco De Marinis, 
allora studente presso la Facoltà di Ingegneria di Ancona.



 Studio sull'evoluzione della costa del tratto litoraneo
da Montesilvano a Francavilla.


L'erosione delle spiagge rientra nei problemi ecologici di tanta attualità e si può dire che essa in particolare dipende dall'intervento dell'uomo.

Molto schematicamente, perché le tante parole non offuschino il concetto, le principali interazioni tra mare e costa sono:
  •  i corsi d'acqua raccolgono materiali nei bacini dell'entroterra, li lavorano e li riversano in mare;
  •  il mare a sua volta li accoglie, successivamente con le sue correnti e soprattutto con il moto ondoso li gestisce e li distribuisce nei suoi fondali marini e lungo la costa.

L'intervento dell'uomo ha modificato questo naturale rapporto:

  1.   i corsi d'acqua sono stati condizionati e portano molto meno materiale al mare;
  2.  il mare, lungo la costa, è stato sempre più imbrigliato e non può saggiamente amministrare quel limitato materiale che riceve.

La spiaggia, che può sembrare una realtà statica della natura è invece soltanto un equilibrio dinamico. La spiaggia altro non è che un deposito di sabbie "in transito”. 
Il materiale, che il mare gestisce prevalentemente con il moto ondoso, si muove continuamente lungo il litorale.

Se potessimo colorare a tratti con diversi colori i granelli di sabbia della fascia di escursione dell'onda a riva, troveremmo che un colore ha preso il posto dell'antecedente. Nella uniformità invece sembra che nulla si muova .

Pertanto il regime del litorale è caratterizzato dal materiale della spiaggia e dell'area compresa tra la linea di battigia e la zona di frangimento, dal materiale che viene mosso sotto l'azione delle onde e delle correnti ed infine dalle quantità di esso acquisite o perdute.

I fenomeni di erosione e ripascimento (cioè apporto) non costituiscono una novità: è un fenomeno naturale.

La linea di battigia non è altro che un equilibrio tra protendimento ed erosione, in diretta relazione, però, con i quantitativi di materiali apportati o meno dai fiumi e trascinati o meno dal mare fuori della piattaforma litoranea.

Pertanto l'inamovibilità della linea di battigia è assicurata solo da un equilibrio fra i quantitativi dei materiali trasportati verso gli abissi e quelli apportati dai fiumi .

I materiali oltre ad avere un movimento longitudinale, che è il prevalente, hanno anche quello trasversale in cui vengono, dal moto ondoso, sottratti a riva e portati negli abissi .

Questo tipo di trasporto attualmente è forse poco conosciuto ed è collegato alle caratteristiche del materiale (sopratutto peso e dimensione) .

Infine non vanno dimenticate le perdite di materiale dovute all'azione del vento con deposito al largo in mare o nelle zone retrostanti al litorale.

Con questi concetti di ordine scientifico è possibile interpretare la storia del litorale che si sviluppa da Montesilvano (dalla foce del fiume Saline con precisione) fino a Francavilla (alla foce del fosso Pretaro con precisione).




L'intero tratto litoraneo dal fiume Saline al fosso Pretaro è composto da tre unità fisiocratiche ben distinte che hanno una dinamica costiera molto simile: 
la prima unità fisiocratica è quella che dalla foce del fiume Saline arriva fino al fosso Mazzocco (confine Montesilavano-Pescara) e che coincide con la spiaggia di Montesilvano, 
- la seconda è quella che dal fosso Mazzocco arriva fino al porto-canale di Pescara e che coincide con la spiaggia di Pescara centro (la vecchia Castellamare) 
- la terza è quella che dal porto-canale arriva fino a fosso Pretaro (confine Pescara-Francavilla) e che coincide con la spiaggia di Pescara Porta Nuova.


 (figura 1)
Planimetria generale dell'unità fisiocratiche coincide con la spiaggia di Montesilvano.
In basso le variazioni della costa, le scale non sono omogenee al fine di meglio
evidenziare le variazioni in senso verticale (scostamenti della linea di spiaggia).
 


Nella figura 1 è rappresentata nella parte superiore la planimetria, in scala omogenea, della fascia costiera di Montesilvano: come punti di riferimento più importanti si possono distinguere sulla sinistra il fiume Saline e poi la strada litoranea, la colonia marina ed il tracciato ferroviario.
 Nella parte inferiore (fig. 2) sono rappresentate tre linee di spiaggia: la linea puntinata del 1894, la linea tratteggiata del 1929 e la linea continua del 1954. 
Le scale in questa rappresentazione non sono omogenee al fine di meglio apprezzare gli scostamenti in senso verticale della linea di costa rispetto allo sviluppo longitudinale della costa stessa.
La linea puntinata mostra a sud della foce del Saline un dosso che si proiettava in mare per circa 200 metri rispetto all'attuale litoranea; tale dosso costituiva oltre circa 11 ettari di terreno coltivato a vigneto. 
Sulla destra si vede un'ansa in cui la spiaggia rientrava per circa 100 metri.
Con la linea tratteggiata spariscono nel 1929 gli 11 ettari di vigneto e si colma l'ansa. 
Nel frattempo, nel 1911, l'uomo aveva iniziato i suoi interventi di sistemazione della foce del Pescara.
Nel 1954, con la linea continua sulla sinistra, è indicata la spiaggia in netto regresso e ciò coincide con l'avanzare sempre più a mare delle strutture dell'imboccatura del porto di Pescara e con l'apporto sempre minore di materiale da parte del fiume Saline; nella parte destra si può definire normale la situazione con vicende alterne lungo il tratto litoraneo.



(figura 2).
Planimetria generale dell'unità fisiocratica
che coincide con la spiaggia di Montesilvano 



Nella figura 3 in basso è rappresentata la planimetria di Pescara. 
Si distinguono moltissimi riferimenti conosciuti per chi ha una certa dimestichezza e conoscenza della città di Pescara. Anche in questa rappresentazione si distinguono aspetti molto importanti e si possono osservare gli effetti indotti dall'intervento antropico (dell' attività degli uomini).


Le linee di costa che fanno riferimento ai rilevamenti del 1811, del 1840, del 1887 e del 1892 mostrano come la spiaggia è regolarmente ed uniformemente progredita. 
Con i rilevamenti successivi al 1911, anno in cui incominciano i lavori di regolamentazione della foce del fiume Pescara e di costruzione del porto-canale di Pescara con i suoi moli guardiani aggettanti, la situazione inizia a cambiare.
Nella metà di sinistra si constata un continuo rituale avanzamento della linea di costa o quanto meno, negli ultimi anni, una stabilizzazione. Nella metà di destra si constata un certo malessere ai limiti dei rituali cicli di regresso e progresso della battigia.
Se si osservano i diagrammi nella metà di sinistra si può affermare che tale tratto di costa (a nord circa di via De Amicis) è stato in tutti i tempi fino ai nostri giorni tranquillo e stabile; il tratto di costa nella metà di destra ha avuto vicende alterne iniziate con il primo intervento dell'uomo con la strutturazione della foce del Pescara.


(figura 3)
Planimetria generale dell'unità fisiocratica che coincide con la spiaggia di Pescara centro .



(figura 4).
Planimetria generale dell'unità fisiocratica che coincide con la spiaggia di Pescara Porta Nuova 


La storia del tratto di costa che va dal porto-canale di Pescara al confine con Francavilla (fosso Pretaro) è narrata anch'essa con tre diagrammi che fanno riferimento ai rilevamenti della linea di costa negli anni 1894, 1925 e 1954.
Nella figura 4 in alto è disposta la planimetria del tratto di costa di Pescara Porta Nuova: sulla sinistra della planimetria è distinguibile il porto-canale con i suoi moli aggettanti ed a destra la caratteristica pianta dell'edificio dell'ex Aurum.

La linea che fa riferimento al rilevamento del 1894 evidenzia un dosso simile a quello a sud della foce del fiume Saline e ciò sempre in tempi non sospetti quando cioè l'uomo era ancora spettatore e da cui si può dedurre una disposizione naturale della linea di battigia.

Sempre nella parte sinistra le altre due linee rappresentano indubbiamente le conseguenze derivanti dal chiaro intervento dell'uomo. 
Il dosso anche qui sparisce e viene sostituito da una linea di spiaggia che si adagia sempre più a ridosso del molo sud nel suo progressivo avanzare in mare.

Il fenomeno di adagiamento o meglio di eccessivo arricchimento di arenile del molo sud, e quindi una netta asimmetricità tra i tratti di costa di spiaggia a nord ed a sud del porto-canale con una incipiente erosione del tratto di spiaggia a nord tanto che (vedi figura 5, sotto, si è dovuto costruire una scogliera radente per proteggere il tratto di spiaggia alla base del molo nord), è ben osservabile dalle figure successive (figure 5 e 6).


(figura 5).
Fotografia aerea del porto-canale di Pescara in cui è osservabile  l'asimmetricità dei due tratti di costa a nord ed a sud del porto-canale 


E' opportuno domandarsi cosa è accaduto dal 1894 al 1954 e quindi anche ai giorni nostri.

Prima dell'intervento dell'uomo nell'equilibrio della natura si verifica un chiaro avanzamento della linea di costa; le prime strutture in mare alla foce del Pescara (e se si considera la situazione globalmente includendo anche il tratto di costa a sud del porto-canale deve essere considerato anche il porto di Ortona!) hanno iniziato a fermare il materiale litoide proveniente da sud e l'arresto è aumentato con il progredire delle stesse strutture in mare ed il materiale ha trovato sempre maggiori difficoltà a doppiare, nella sua marcia verso nord, l'imboccatura del porto.

Il posizionamento di un'opera aggettante in mare è soggetta ad una condizione primaria ed indispensabile. Essa non deve turbare il corso naturale delle correnti marine e dei moti ondosi, tipici di ogni paraggio marittimo. 

Nel tratto di costa tra Ortona e Montesilvano, il progressivo prolungamento del molo sud del porto-canale di Pescara ha condizionato negativamente l'equilibrio della costa fino all'ultima guerra, durante la quale il porto fu distrutto, e poi nel periodo seguente fino ai nostri giorni.

 (figura 6).
Fotografia aerea della spiaggia di Pescara centro prima della costruzione delle scogliere frangiflutti
Il lato sud dei pennelli tendeva a riempirsi, per via delle correnti da sud, mentre quello a nord tendeva ad andare in erosione.


Un'influenza negativa hanno avuto anche le aggettanti strutture portuali di Ortona, gli interventi lungo il corso dei fiumi meridionali e la sistematica spoliazione del loro materiale. Questi fatti hanno impedito al materiale litoide dei fiumi del sud di raggiungere e rifornire il litorale pescarese.
Tutti i litorali hanno visto rotto il loro equilibrio con opere aggettanti in mare e si sono creati paraggi marittimi ciascuno con un proprio destino ora ricco e gioioso ora povero e triste.
Il mare, fin da quando le terre sono emerse dalle acque, ha modellato le rive distribuendo i materiali detritici portati dai fiumi. In ogni tempo, l'uomo ha violato, per giuste esigenze  (anche di porti c'è bisogno, ndr) ma con leggerezza, questo processo compensativo: i fiumi hanno portato sempre meno litoide, l'aggressività delle onde e dei venti è rimasta immutata ed il mare ha avuto sempre meno materiale da restituire alle rive. Sotto questo profilo la vicenda del tratto costiero tra Pescara e Montesilvano è istruttiva ed esemplare.

Infatti, durante gli scavi per le fondazioni della chiesa del Sacro Cuore fu trovata sabbia di mare. Nel 1811 la riva era all'incirca all'altezza di Viale Regina Margherita e nel 1887 non esisteva l'attuale Viale della Riviera.

Dal 1811 al 1892 la linea di spiaggia è evidentemente ed uniformemente progredita in maniera vistosa. I fiumi del sud - in particolare il Sangro, come confermava l'esame petrografico - furono la ricchezza del nostro litorale.

Con la prima regolamentazione della foce del fiume Pescara la situazione è mutata e vieppiù peggiorata con il continuo progredire in mare dei moli guardiani del porto canale, richiesto dalle necessità della flotta peschereccia e del bacino  commerciale. Con il maggiore aggetto in mare dei moli il materiale proveniente da sud si è depositato a ridosso del molo di levante.

Il litorale meridionale si è arricchito di circa 10 metri all'anno e quello settentrionale ha cominciato a soffrire la mancanza di arenile.

Oggi, la situazione della spiaggia da Pescara a Montesilvano è un vero scempio sotto gli occhi di tutti, un esempio eclatante dei guasti che certi comportamenti degli uomini possono procurare.

Sappiamo che le correnti principali in Adriatico risalgono verso nord sulla costa slava e ridiscendono verso sud sulla costa adriatica. 
Dalla fotografia aerea all'infrarosso del litorale adriatico si evidenzia, come sappiamo, l'esistenza 
di una corrente al largo, più grande e principale, che dirige verso sud.
Ma pure si evidenzia anche una controcorrente litoranea entro la linea dei frangenti, che dirige verso nord.



La morfologia delle spiagge, che da un punto di vista tecnico sono aree nastriformi a cavallo di un litorale, dipende sostanzialmente dal movimento della sabbia depositata sul fondo marino e sospinta lungo il litorale (trasporto solido) e dall'apporto solido dei fiumi che ivi sboccano. Tale azione è oggi sempre più alterata, più che da fenomeni naturali, dall'intervento massiccio dell'uomo (antropico) sullo stato naturale dell'ambiente. 

Il problema dell'erosione costiera si pone su scala mondiale. 

Negli Stati Uniti il fenomeno e la conseguente necessità della difesa delle spiagge interessa circa 2.500 miglia di coste. Per l'Italia mancano dati precisi, ma un rilevamento di De Marchi-Ferro del 1970 indicava circa 1000 km di coste bisognose di intervento; nel 1980 si è stimato un complesso di 2.000 km, molti dei quali richiedevano l'urgente attenzione dell'ingegneria costiera. 
È presumibile che oggi la stima debba essere più elevata sia per il ritardo di sviluppo tecnologico rispetto ad altri Paesi più evoluti come gli Stati Uniti, l'Inghilterra, l'Olanda o tradizionalmente legati al mare come il Portogallo e la Spagna, sia per la mancanza di una programmazione sistematica su scala nazionale. Di conseguenza, nonostante la tradizione marittima nazionale, in Italia si è spesso operato empiricamente; Enti ed Amministrazioni, pur animati da buona volontà spesso pressati dall'urgenza di eventi eccezionali ed improvvisi, sono intervenuti con provvedimenti di difesa talvolta efficaci ma spesso controproducenti in quanto non supportati da analisi convincenti del fenomeno e per ignoranza del comportamento e delle funzioni delle varie opere in relazione alla specifica esposizione dei paraggi.

Un vecchio ma sempre valido concetto dinamico ritiene la spiaggia deposito di sabbia "in transito” e quindi il risultato dell'apporto di materiale litoide dei bacini imbriferi, convogliato in mare dai corsi d'acqua e poi distribuito al fondo marino lungo due direttrici fondamentali - l'una normale e l'altra parallela al litorale -per azione prevalente del moto ondoso. 


Se in un determinato tratto litoraneo scarseggia l'apporto proveniente dai bacini tributari o l'energia del moto ondoso parallelo al litorale, insorgono fenomeni di erosione come l'impoverimento graduale di sabbia e l'arretramento delle spiagge.

In questi casi, in Italia, si ricorre abitualmente ad opere di difesa parallele alla costa, poste su fondali limitati e più di frequente sulla fascia della spiaggia immersa, battuta dai frangenti.


 (figura 7).
Scogliere antistanti il tratto di spiaggia del centro di Pescara


La serie di tali dighe in scogliera naturale (frangiflutti) con l'asse longitudinale parallelo alla costa fornisce validi risultati in contesti appropriati. 
Infatti, pur essendo un valido presidio per un litorale in erosione, produce esiti volutamente collaterali,  nei casi in cui la spiaggia abbia una destinazione turistico-balneare, con la formazione dei "tomboli" (interrimenti, spiaggia) sottovento alle scogliere (a tergo).


Spiaggia davanti a Pescara nord dopo il posizionamento delle scogliere frangiflutti.
Il posizionamento fu necessario per proteggere la spiaggia dall'erosione del moto ondoso da levante (che aveva già abbattuto qualche stabilimento balneare) per il mancato apporto di sabbia da sud, per la presenza dei moli del porto. 


Di conseguenza  si modifica il profilo dei fondali che diventano più alti subito davanti (sopravvento) alle scogliere per l'effetto erosivo del moto ondoso che potrebbero essere pericolosi per i bagnanti inesperti al nuoto. Cioè si crea un effetto erosione sul lato sopravvento, esposto al moto ondoso; e un effetto ripascimento sul lato sottovento.



Prof. Tomasicchio: "Manuale di costruzione portuale e costiera": l'esempio riportato nel manuale come "da evitare" si adatta perfettamente alla situazione del porto di Pescara, dopo la costruzione della diga foranea. All'esterno  della diga (1997) ci sono adesso 8/9 metri di profondità; all'interno 0/1 metro circa. Se questo effetto è positivo per le spiagge non lo è per il porto, che ha bisogno invece di acque profonde per il transito delle navi e dei pescherecci.


In linea generale questo tipo di intervento riduce quasi totalmente il trasporto solido sul tratto di litorale da difendere e produce a monte ed a valle dello sbarramento uno squilibrio. Nei tratti di spiaggia prima stabili si innesca un processo di erosione tale da richiedere ulteriori interventi la cui attuazione va attentamente valutata e seguita nel tempo per non pregiudicare la validità del provvedimento medesimo. 

Questa dinamica della costa può essere osservata soprattutto nei tratti di costa di Montesilvano (figure 8 e 9) in cui il mare lambisce quasi la strada e nei tratti di spiaggia antistanti piazza Le Laudi a Pescara Porta Nuova (figure 10 e 11) in cui l'abuso di scogliere tradizionali e pennelli longitudinali non hanno evitato l'erosione progressiva della spiaggia: in figura 13 è visibile il medesimo tratto di spiaggia al quel tempo avvantaggiato dall'unica scogliera presente a scapito delle spiagge adiacenti!


(figura 8)
Aprile 2002 -Tratto di costa di Montesilvano in erosione


(figura 9)
Aprile 2002-Tratto di costa di Montesilvano in erosione , come sopra.
(Stabilimento balneare "La Bussola") 



 (figura 10)
Aprile 2002- Spiaggia antistante piazza Le Laudi
Qui l'intreccio casuale e insensato di scogliere verticali, orizzontali, oblique, sommerse ed esposte (c'è ne per tutti i gusti!) ha provocato quasi il crollo degli stabilimenti.


(figura 11)
Aprile 2002- Spiaggia antistante piazza Le Laudi 


Il comportamento ora esposto è certamente una conseguenza dell'impermeabilità della scogliera all'andirivieni della sabbia, trasportata dal moto ondoso, nei confronti della spiaggia emersa.
Risulta lecito proporre una difesa analoga alla scogliera tradizionale  quanto ad ubicazione, ma diversa nella struttura in modo da consentire il passaggio del materiale attraverso l'opera stessa sia pure in maniera vincolata e particolare. 

In questo caso, l'opera di difesa potrebbe avere una funzione analoga a quella dei cosiddetti “pennelli trasparenti” ed essere costituita da una serie di elementi verticali prefabbricati.


Nelle figure 12 e 13 appaiono chiari i risultati positivi e negativi allorché negli anni Sessanta si introdussero le prime scogliere tradizionali: l'arenile aumentò in corrispondenza delle barriere frangiflutti e quasi scomparve a nord e a sud! 

Dalle foto appare evidente la tipica configurazione della costa a tomboli.


(figura 12).
Anni '60 - Tratto di spiaggia di Montesilvano davanti allo storico edificio della Colonia Marina.
Da notare che due semplici scogliere, esposte a levante, creavano da sole tutto quel ripascimento (spiaggia)


(figura 13).
Anni '60 - Ripascimento con due sole scogliere nel tratto di spiaggia antistante piazza Le Laudi 
(Pescara Porta Nuova) 

Sopra è evidente lo stesso fenomeno di ripascimento della foto precedente.
Da notare però che a sud e a nord delle scogliere si creava un fenomeno di erosione.




Questa è la situazione nell'area portuale al 2002:



. Sul lato sud del porto è visibile l'intreccio di scogliere verticali, orizzontali, oblique, davanti a piazza Le Laudi. Il risultato è che oltre a crearsi un fenomeno di erosione particolare davanti alla stessa zona di litorale in corrispondenza della piazza, si è creata una corrente che va fino all'ingresso del porto turistico, trasportandovi altra sabbia, di cui proprio non aveva bisogno soffrendo già per la posizione dell'antemurale (diga esterna). Sul lato nord invece le secche provocate dalla diga (1997) lambiscono anche il secondo trabocco.

Molti fanno risalire, inconsapevolmente, le secche createsi all'interno della diga alla sabbia trasportata dai venti da nord invece che all'effetto di ripascimento della diga stessa, com'è evidente anche dal disegno del prof. Tomasicchio di cui sopra oltre che dalle foto successive del litorale laziale.

Ma dimenticano che quando non c'era la diga e c'era la sola scogliera frangiflutti a riparare la spiaggia della Madonnina (le vecchie scogliere "isolate") i trabocchi hanno sempre avuto acqua in abbondanza, dai 2 ai 7 metri, come si vede in queste foto degli anni '70. 
Ciò dimostra che non è stato il trasporto di sabbia da nord a creare le secche in avamporto e sotto i trabocchi, ma esclusivamente l'effetto ripascimento della diga (e il trasporto solido del fiume).





Come è evidente in questa immagine satellitare del marzo 2012: il ripascimento (secche) creato dalla diga arriva, in superficie, già alla punta del molo nord; e, sotto un leggero strato d'acqua di colore verde, molto oltre la linea di battigia fino ad invadere l'avamporto e la parte sottovento alla diga foranea, dove ci sono profondità inferiori ad 1 metro. Lo stesso effetto si nota nella parte sud dell'area portuale, davanti all'ingresso del porto turistico, dove il fenomeno di ripascimento creato dall'antemurale (diga esterna) è aggravato dal  trasporto solido della controcorrente proveniente da sud. Le zone in colore blu evidenziano dove le profondità sono maggiori: all'esterno della diga foranea ci sono attualmente 8/9 metri d'acqua.



Con le scogliere tradizionali la ricostruzione della linea di spiaggia avviene in modo anomalo, a causa della formazione dei “tomboli”; i tratti litoranei non difesi dalle scogliere subiscono un'erosione accentuata. La spiaggia perde linearità ed assume una forma seghettata ed irregolare; il fondo marino perde la dolcezza d'acclivio e diventa accidentato e pericoloso in prossimità degli sbarramenti, anche per la formazione di correnti anomale con il moto ondoso.
È evidente che lo specchio di mare di maggiore balneabilità risulta infido per bambini e bagnanti inesperti. Le scogliere, pur essendo un'attrattiva, favoriscono nei pressi 
l'irregolarità del fondo marino e nel lato foraneo presentano il pericolo del risucchio dell'onda che s'infrange contro il setto chiuso.

Pertanto le dighe tradizionali, in quanto setti chiusi funzionano da vere e proprie trappole che catturano la sabbia oltre misura (tomboli) e impediscono la sua trasmigrazione verso i tratti di arenile non ancora difesi, i quali restano esposti solo all'aggressività del moto ondoso e quindi ad un marcato processo erosivo dopo l'ultima diga della serie.
Infine esse in breve tempo perdono la loro efficacia protettiva per l'apertura di varchi con la sconnessione degli scogli ed il progressivo abbassamento per l'assestamento sul fondo sabbioso.

Foto Repubblica: litorale laziale


La struttura semipermeabile, invece, quantomeno per i risultati ottenuti nelle prove in vasca,  risponde egregiamente al principio di “ingabbiare” il mare il meno possibile, pure rispondendo alla difesa della spiaggia come una scogliera tradizionale. 
L'inter-comunicabilità tra i due specchi d'acqua consente la circolazione delle particelle solide e quindi la ricostituzione regolare del lido ed in superficie l'azione disinquinante. La configurazione geometrica, non accidentata e irregolare come la diga a scogliera, rende la struttura esteticamente più accettabile e non soggetta agli inconvenienti del dissesto.

Tale nuovo intervento di difesa della spiagge, denominato “diga flessibile semipermeabile”, fu progettato dall'ing. Vittorio MARCONI e dal prof. ing. Giuseppe MATTEOTTI, Ordinario di Regime e protezione dei litorali dell'Istituto di Costruzioni marittime e di Geotecnica dell'Università di Padova e con la collaborazione dell'assistente dott. ing. Maurizio DE SANTIS. Tale progetto è stato convalidato con prove di laboratorio su modello in vasca a fondo mobile, pubblicato e brevettato.



Marco De Marinis
Anno 2002.





(aggiornato domenica 18 novembre 2012)



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