Foto Il Centro.it: le secche tra il vecchio molo nord e l'avamporto, che non sono altro che gli interrimenti causati dalla diga, avanzano continuamente. |
E così siamo arrivati alla fine (?) della "telenovela" del dragaggio del Porto di Pescara.
Per questo pensavamo che fossero sufficienti le prime analisi positive dell'ARTA per farci dire che il dragaggio poteva essere fatto con sversamento a mare dei materiali dragati (leggi "Il dragaggio-1"), al minor costo possibile, circa 10 euro al metro cubo.
Poi, dopo le prime difficoltà, dovute sia all'intervento del NOE, Nucleo Operativo Ecologico, dei carabinieri con analisi diverse da quelle dell'ARTA, sia al divieto del Ministero dell'Ambiente per lo sversamento a mare di tutte le quantità di materiale dragato, necessarie per l'agibilità nel porto, ci siamo resi conto che il problema era sempre lo stesso e già denunciato da noi fin dall'anno 2002 (leggi "Il fiume Pescara"): l'inquinamento del fiume Aterno-Pescara.
Nel frattempo nelle operazioni di dragaggio è intervenuta "a gamba tesa" la Procura de L'Aquila che ha bloccato le operazioni tanto faticosamente preparate dal Commissario Guerino Testa e appena iniziate ("Il dragaggio-2").
Commissario che ha avuto, egli solo fra i tanti politici, il "coraggio" di prendere in mano questa patata bollente.
E oggi sarà di nuovo negli uffici dell'ISPRA, Istituto Superiore per le Ricerche Ambientali, per vedere di dirimere la questione sollevata dalla Procura de L'Aquila su chi ha ragione sulle analisi: l'ARTA o il laboratorio del NOE. Ma l'ISPRA che doveva decidere, non ha deciso.
Anche quì inefficienze, inadeguatezze, lacune, da quel che ne sappiamo.
Se il Commissario ha avuto il coraggio di affrontare il problema, non si può dire che abbia avuto dalle istituzioni l'appoggio necessario. Anche se è la prima volta che si trova di fronte a questo problema e forse, pur avendo nel frattempo imparato molto, non ha ancora tutta l'esperienza necessaria.
Qualche aiuto "esterno" all'incarico governativo non dovrebbe disdegnarlo. Secondo noi.
Così che, anche noi, che pure eravamo stati messi sull'avviso dai nostri esperti, abbiamo dovuto approfondire di nuovo l'argomento.
E ci siamo resi conto che quand'anche andasse in porto il dragaggio e lo sversamento a mare di quei 70.000 mc. circa dell'avamporto, su cui nessuno pare che abbia da ridire, il problema non sarebbe risolto. Rimangono, a spanne, 400.000 mc. nel bacino vecchio e nella canaletta.
Ed è questo il punto delicato della questione, come avevamo già detto nel "Dragaggio 1 e 2".
Area dell'avamporto da dragare |
(Naturalmente, nel frattempo, le barche con pescaggio dell'ordine dei 3,50/4 metri si sono già trasferite ad Ortona, perchè non ci passano proprio e perchè ci sono le Ordinanze della C.P. con divieto di transito agli scafi con un pescaggio superiore ad un limite via via sempre più basso).
Quindi, quelli che sono rimasti riescono, anche con qualche indolore, fin'ora, insabbiamento nella zona dell'avamporto, ad entrare ed uscire.
Solo che una volta entrati si trovano di fronte ai bassissimi fondali, non tanto della canaletta quanto del bacino vecchio.
Ed è lì che si sono verificati (e speriamo che bastino ) i danni alle eliche e agli invertitori. Oramai si contano a decine.
Tutti non dichiarati, perchè al danno si aggiungerebbe la beffa di ulteriori spese di verifiche del RINA, che oltre che costare tanto arriverebbero pure in tempi lunghi. E' l'Italia, signori.
Già i pescatori non guadagnano nemmeno a sufficienza per la famiglia, ci manca anche che debbano subire questi danni e queste sovraspese.
Chi ha potuto, voluto o approfittato è scappato ad Ortona (i pescaresi) o Giulianova (i silvaroli), come temevamo succedesse già nel 2000: "L'altra storia".
Ma i vecchi "marinari", attaccati al loro porto e alle loro tradizioni, nonostante i rischi che corrono giornalmente, non vogliono andarsene; non vogliono lasciare il porto dei loro padri.
E allora viene da chiedersi per quale forza del destino, eppure, tirano avanti, fra le inefficienze e le incapacità storiche degli amministratori degli ultimi anni (per non dire di peggio), che non hanno mai dato ascolto alle loro esigenze: che pure non sono tante.
Sono solo quelle di avere un porto che sia rifugio sicuro dopo una giornata di lavoro.
E oggi non lo è. Anzi converrebbe loro restare sempre in mare, piuttosto che rientrare in porto e rischiare oltre che la giornata di lavoro anche la vita e, se va bene, il capitale-barca.
Non ne possono più. Certo anch'essi hanno fatto degli errori, ma soprattutto hanno fatto l'errore di tutti noi italiani: quello di lasciar fare ai politici, senza controllarli.
E in questo clima di generale dissesto del paese si inserisce il bruttissimo progetto di nuovo porto dell'ing. De Girolamo e dell'arch. Pavia, o Piano Regolatore Portuale, che abbiamo fatto in tempo a far vedere a tutti i comandanti del porto che l'hanno plebiscitariamente bocciato, chè altrimenti stava marciando silenziosamente.
Piano Regolatore Portuale |
Abbiamo imparato dai nostri esperti che bisogna creare una "filiera" di dragaggio, che non è certamente quella costosissima di Nicolaj (112/172 euro al mc.), ma quella che viene normalmente usata in tutti i più grandi porti italiani ed europei, solamente un po' più costosa (35/50 euro al mc.) della tecnica dello sversamento a mare.
Abbiamo abbastanza chiaro il programma che si dovrebbe portare avanti sia per quanto riguarda il dragaggio sia per le strutture portuali future.
La marineria rimasta, nonostante tutto, nel porto, riteniamo sia a disposizione del Commissario e della Direzione Marittima.
Storia del dragaggio 3 - FINE
(aggiornato 24 aprile 2012, h. 5:51)
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