PIATTAFORMA COMUNE PER IL DRAGAGGIO
DEL PORTO DI PESCARA
7 LUGLIO 2012
I
dragaggi costituiscono in tutto il mondo un’attività, forse la principale, di
manutenzione periodica dei porti.
Il
dragaggio del Porto di Pescara è un’evidente necessità ed i ritardi degli
ultimi anni, sommati all’errata localizzazione della diga foranea, hanno
causato l’accumulo di un’enorme quantità di sedimento pari a centinaia di
migliaia di metri cubi.
In
realtà le gravi criticità che sono emerse a Pescara e anche ad Ortona rivelano
una fragilità di sistema che deve essere risolta, anche per le nuove competenze
recentemente trasferite dallo Stato alla Regione Abruzzo. Molte regioni e
addirittura alcune province si sono dotate da tempo di una
legislazione/regolamentazione in materia di dragaggio e utilizzo del materiale
dragato. Riteniamo che anche l'Abruzzo debba affrontare in maniera organica
tale argomento disciplinando in settore con atti anche legislativi e
regolamenti ed organizzando filiere per arrivare ad operare non più in
condizioni di emergenza ma in una situazione di ordinarietà.
Il
Porto di Pescara: tutto deve essere pronto per partire entro il 15 settembre
2012
Il
prossimo 15 settembre 2012 termina la stagione balneare e può iniziare il
dragaggio. Sarebbe inaccettabile per le associazioni scriventi rinviare
ulteriormente l'avvio dei lavori.
Abbiamo
calcolato che per riportare i fondali a -4 mt. nel bacino vecchio,com’era ad
inizio secolo e come previsto dall’ing. Mati, a -4/-4,5 nella canaletta e -6,5/-9 nell’avamporto
(quindi dal ponte del Comune fino alla diga foranea), bisogna dragare circa
500.000 mc., dato che sono almeno 20 anni che non si fa un dragaggio in
profondità e 15 anni, dal 1997, che c’è la diga a creare interrimenti.
Pertanto
si rende necessaria:
a) un’operazione emergenziale che, nel rispetto della
normativa e dell’ambiente, recuperi rapidamente il tempo perduto garantendo il
ripristino delle migliori condizioni operative;
b) le associazioni che hanno redatto il presente documento
sono soddisfatte che le Istituzioni abbiano finalmente compreso l'importanza
strategica della vasca di colmata, questione sollevata da almeno 8 mesi dalle
associazioni stesse presso gli enti competenti.
Il procedimento deve essere quello di:
1) smaltimento del cumulo dei fanghi oramai decantati,
posti sulla banchina di levante, attraverso la loro caratterizzazione e l'avvio
direttamente a riuso per la frazione non inquinata e al trattamento per quella
eventualmente inquinata al fine di ottenere altro materiale da riutilizzare e
una frazione finale da inviare a discarica (si veda a tal proposito il capitolo
successivo per le valutazioni circa la qualità dei materiali e l'idoneità per i
diversi usi);
2) preparare la vasca di colmata sul pavimento della
banchina e attivare una filiera che preveda la reiterazione per 4-5 volte della
seguente operazione: dragaggio di 120/130.000 mc. cubi alla volta di fanghi da
far decantare per 40/60 giorni, per poi procedere di nuovo alla vendita con
asta pubblica. Per dragare 500.000 mc. , a questo ritmo, ci vorranno 6/7 mesi.
Tale operazione può essere resa più veloce mediante
l'ausilio di geo-bags e/o tecnologia similari.
Il possibile riutilizzo di una grande quantità di fanghi,
se non inquinati, comporterebbe anche un recupero parziale delle spese in
quanto questo materiale ha un valore.
c) una programmazione per gli anni a venire di un dragaggio
annuale del porto che non costituirà più un’emergenza solamente se si
rimuoveranno le cause strutturali alla base dell’insostenibile ritmo di
sedimentazione attuale. È’, infatti, necessario tornare a quantità dell’ordine
di poche decine di migliaia di mc.(30/50.000), come da tradizione, perché,
anche se si risolvesse il punto a) precedente, con l’attuale assetto
strutturale molti ritengono che si superino 100.000 mc di sedimenti da dragare
ogni anno. Con queste quantità, con l’attuale stato delle finanze pubbliche,
anche un dragaggio ordinario rischierebbe di non essere più economicamente
sostenibile. Bisogna tornare quindi all’assetto storico del porto.
Per gli anni a venire, di conseguenza, la “vasca di
colmata” attuale sarebbe trasformata in banchina ma, in considerazione dei
minori volumi, si potrebbe pensare ad uno stoccaggio temporaneo da prepararsi
annualmente sulla banchina sud, nella parte a monte, e il cui utilizzo dovrebbe
essere dell’ordine di un paio di mesi all’anno (con l'eventuale ricorso all'uso
di geo-bags e similari).
Riconosciamo
la necessità di operare riducendo al minimo lo stress ambientale delle
operazioni di dragaggio, anche in considerazione del fatto che il Mare
Adriatico è una risorsa ambientale, turistica e per la pesca stessa.
L’immersione
in mare dei materiali dragati, soprattutto in un mare chiuso come l’Adriatico,
porta ad eventi massivi di sedimentazione e trasporto nella colonna d’acqua dei
sedimenti del tutto innaturale, con perturbazione di ambienti già ampiamente
sofferenti.
Gettare
a mare mezzo milione di mc di materiali, o in un’area a poca distanza
dall’unica Area Marina Protetta abruzzese, quella della Torre di Cerrano, o in
aree probabilmente vicine alla zone di ripopolamento indicate nella Piattaforma
Pesca o in aree costiere comunque tipiche per il ripopolamento, sarebbe poco lungimirante e rischierebbe di
moltiplicare le problematiche che, alla fine, stanno comportando enormi ritardi
per la risoluzione del problema stesso.
Ritornare
al giusto ordine di priorità: i sedimenti dragati come materiale da
riutilizzare
L’articolo
109 del DLgs n. 152/2006 (il cosiddetto Testo unico dell’Ambiente) riconosce la
criticità connessa allo smaltimento in mare che viene considerata come “extrema
ratio” per quanto riguarda la destinazione dei materiali dragati.
In
questo senso è necessario attuare tutti gli sforzi per verificare la
possibilità di dragare senza arrivare allo smaltimento in mare, anche in
presenza di materiali di qualità tale (secondo le tabelle del Manuale per la
Movimentazione dei Sedimenti Marini dell’ISPRA) da rendere teoricamente
possibile l’immersione in mare aperto.
Va
quindi verificata la strada di un utilizzo proficuo e sostenibile del materiale
dragato.
Una
volta sbarcato a terra il materiale dragato non inquinato, qualunque sia la sua
qualità e al di là della sua classificazione o meno come “rifiuto”, anche senza
alcun trattamento, può essere immediatamente riutilizzato sia a terra che lungo
la costa.
Infatti,
se anche fossero classificati inizialmente quali rifiuti, la stessa Direttiva
98/2008/CE stabilisce che un qualsiasi materiale, se ha un mercato e soddisfa
alcuni requisiti qualitativi (anche in assenza di trattamento), non deve essere
più considerato come rifiuto.
Va
valutata, attraverso bandi, avvisi e conferenze dei servizi rivolti ad enti e
associazioni di categoria, l’esistenza di un possibile interesse per l’uso del
materiale dragato per:
1) per la realizzazione di mattoni e altro materiale per
l’edilizia;
2) per la realizzazione di sottofondi stradali, attraverso
contatti con i principali soggetti impegnati in cantieri (ad esempio: ANAS,
province);
3) per la prevista copertura giornaliera presso le discariche
di RSU;
4) per la realizzazione di calcestruzzo; o scogli di cemento
per scopi marittimi;
5) per il ripristino delle cave. In Abruzzo sono attive 596
cave che comunque devono essere ripristinate. Ovviamente, pur se venisse
classificato come materiale compatibile, in via precauzionale sarà bene partire
dalle cave in situazioni di fondovalle e con minore interazione potenziale con
le falde;;
6) per il ripascimento e/o la riqualificazione ambientale
(creazione di aree umide costiere ecc.)
Ovviamente
tali “liste di interesse” potrebbero essere aggiornate ogni anno anche per
incrociare per tempo “domanda” e “offerta” di materiale dragato, tenendo anche
conto della programmazione sia degli interventi di dragaggio sia delle attività
di destinazione (ad esempio, apertura di un grande cantiere stradale ecc.).
Gli
uffici regionali, dovrebbero predisporre una tabella con le caratteristiche
(composizione chimica, granulometria, ecc.) dei materiali dragati rispetto ai
potenziali usi consentiti sopra ricordati (tranne per i sedimenti da destinare
a ripascimento/vasca di colmata per i quali i valori dei parametri sono già
indicati nel citato Manuale per la Movimentazione dei Sedimenti Marini).
Solo
qualora queste iniziative non fossero risolutive, per tutto o per parte del
materiale dragato o da dragare, si potrà considerare l’immersione in mare,
fermo restando i parametri di legge.
In
considerazione di quanto avviene negli altri Paesi europei e tenendo conto di
tutte le ripercussioni che tali operazioni possono avere sull’ambiente
marino-costiero e sugli obiettivi di cui alla Direttiva 60/2000/CE (cfr. sul
punto il documento del Ministero dell’Ambiente inglese su dragaggi ed
applicazione della Direttiva Acque), riteniamo importante chiarire con la
Commissione Europea la necessità di assoggettare o meno tali interventi a
procedura di Valutazione di Impatto Ambientale (qualora non rientranti
espressamente nelle categorie per le quali la procedura è già chiaramente
prevista, come l'uso dei materiali dragati per il ripascimento oppure per
dragaggi che comportano la modifica delle coste ecc.). In ogni caso devono
essere assoggettati a Valutazione di Incidenza, qualora siano in qualche modo
coinvolti siti SIC (o, ad es., l’Area
Marina Protetta del Cerrano).
Infine
riteniamo che tutte le operazioni di caratterizzazione e valutazione debbano
essere svolte secondo i termini di cui al citato Manuale per la
Movimentazione dei Sedimenti Marini ed al Decreto Ministeriale Ambiente 14
Aprile 2009, n.56.
Certificazione
dell’ARTA: eliminare una fragilità del sistema
Riteniamo
necessario che i laboratori dell’ARTA ottengano quanto prima la certificazione
ACCREDIA per le analisi sui sedimenti per tutti i parametri e le prove
necessarie alla caratterizzazione del sedimento secondo le indicazioni
contenute nel citato Manuale per la Movimentazione dei Sedimenti Marini
(sebbene non sia un obbligo di legge, lo stesso Manuale consiglia di ricorrere
a laboratori accreditati).
L’attività
di dragaggio deve diventare un fatto ordinario e nella filiera bisogna evitare
situazioni di fragilità che possano portare anche a forti controversie non solo
per quanto riguarda i dragaggi, ma per tutta la gestione del mare e dei
sedimenti marini su cui si basa un’enorme quota del prodotto interno lordo
della regione.
In caso
di gravi disastri ambientali si attiverebbero procedure di risarcimento
ambientale e di danno per miliardi di euro (basti pensare ad un eventuale
incidente petrolifero di grandi proporzioni), per cui avere analisi certificate
sulla qualità ambientale dei sedimenti marini e costieri renderebbe possibile
richiedere azioni di ripristino e risarcimenti che altrimenti diventerebbero
oggetto di dispute anche legali.
Risolvere
il problema alla radice: la diga foranea e il nuovo assetto strutturale del
porto
La diga
foranea è stata realizzata senza assoggettarla a Valutazione di Impatto
Ambientale: è la migliore dimostrazione del fatto che queste procedure non sono
una perdita di tempo, ma un prezioso strumento per risolvere i problemi.
È’ del
tutto evidente che è necessario redigere, approvare ed appaltare nel più breve
tempo possibile un progetto per modificare l’assetto portuale eliminando “il
tappo” costituito dalla diga foranea.
Tale
progetto dovrà portare all’assetto definitivo del porto che dovrà essere ben
tarato sulle effettive esigenze di un porto-canale e tenendo anche conto dei
contributi che realisticamente potranno arrivare dalle casse pubbliche.
In tal
senso stupisce la faraonica proposta contenuta nel nuovo Piano Regolatore
Portuale che ha alla base un’idea di sviluppo che non fa altro che ricalcare
gli stessi errori che hanno portato ai problemi attuali del porto senza
risolvere alcunché. Ipotizzare di creare una “doppia curva” artificiale nel
tratto finale del fiume rende evidente la totale insostenibilità della proposta
(che, peraltro, ha suscitato enormi critiche anche tra gli addetti ai lavori in
quanto aggraverebbe alcune problematiche come la sedimentazione e l’operatività
in sicurezza).
Fortunatamente
il Piano Regolatore Portuale è nella fase di Valutazione Ambientale Strategica
in cui sono state già presentate opposizioni da diversi soggetti professionali
o di addetti ai lavori. Potrà e dovrà, quindi, essere profondamente modificato
al fine di arrivare ad un assetto più consono alle potenzialità reali del
porto-canale di Pescara.
La
Proposta che in tal senso è arrivata dai primi fruitori del Porto dovrà essere
ovviamente valutata con modelli nell’ambito delle procedure di legge, ma
evidenziano come intorno al destino strutturale del porto e delle aree
contermini si possa sviluppare un vero e proprio “cantiere delle idee” aperto e
produttivo alle proposte di operatori ed associazioni.
Individuazione
della discarica a terra per la frazione inquinata dei sedimenti
In
considerazione del grave inquinamento dei fiumi abruzzesi e, comunque, delle
attività commerciali che si svolgono nei porti della regione, è certo che una
quota parte variabile dei sedimenti dovrà essere indirizzata in discarica,
qualora eventuali trattamenti disinquinanti non fossero praticabili per ragioni
economiche e di efficacia oppure se risultassero solo parziali (producendo una
frazione da riutilizzare e una da portare in discarica).
Tenuto
conto del fatto che, attivate le filiere di cui sopra (e disinquinate le aree a
monte!), si può stimare che ogni anno dovranno andare in discarica alcune
migliaia o decine di migliaia di mc di materiale da tutti i porti abruzzesi.
Con
queste quantità è del tutto evidente che dovrà essere previsto un unico sito
regionale a gestione pubblica.
La
scelta del sito deve avvenire in una forma quanto più oggettiva per evitare che
si blocchi sul nascere l’individuazione di una discarica regionale come
dimostra la reazione seguita alla stessa scelta del sito di Pianella adombrata
alcuni mesi fa per i sedimenti del Porto di Pescara e quasi subito esclusa.
Per
evitare proteste deve essere attuato un rapido processo tecnico basato sull’uso
del Geographical Information System (GIS), in uso da oltre un decennio in tutti
i paesi avanzati e da alcuni anni anche in Abruzzo, che permette un’analisi
oggettiva del territorio e l’individuazione dei migliori siti possibili
attraverso la sovrapposizione di tutte le cartografie disponibili e di
parametri di sicurezza via via più restrittivi (ad esempio, il GIS permette di
evidenziare tutti i siti che soddisfano: una distanza x dalle abitazioni; una
distanza y dai corsi d’acqua; la presenza /assenza di falde; la distanza dai
porti; la viabilità; ecc.), massimizzando al contempo le precauzioni per i
cittadini e senza scontentare nessuna comunità.
Il
referente acque WWF Abruzzo Il Presidente
dell’Associazione Armatori
Augusto
De Sanctis Lucio Di Giovanni
Il vice-Presidente dell’Associazione Armatori
Romeo Palestino
Si sottolinea che parti consistenti di questo documento
sono state fornite da mesi alle autorità competenti; finora non erano state
pubblicizzate per evitare di alimentare polemiche e confusione.
Inoltre da un accesso agli atti pubblici dell'ARTA (Agenzia Regionale Tutela Ambiente) fatta dal WWF nel mese di ottobre 2012 risulta che :
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Inoltre da un accesso agli atti pubblici dell'ARTA (Agenzia Regionale Tutela Ambiente) fatta dal WWF nel mese di ottobre 2012 risulta che :
Per concludere, l'8 ottobre 2012 il WWF ha comunicato i risultati dell'accesso agli atti pubblici, chiesto in precedenza.
Il primo ufficio "ispezionato" è stato quello dell'ARTA. E quì non ci rimane altro che pubblicare il testo integrale del comunicato, che chiude per il momento la questione, in attesa dell'esito del bando preliminare:
for a living planet
COMUNICATO STAMPA del 08-10-2012
ll Pescara: fiume in agonia
Risultati shock dalle analisi ARTA sulla canaletta del Porto di Pescara. Mercurio, idrocarburi e altri inquinanti.
ll 47% dei campioni mostra tossicità acuta “molto alta”.
Il WWF: la strada del bando per rimuovere i sedimenti è ormai obbligata, la politica accetti che la bonifica dei fiumi è una priorità per la regione.
l sedimenti del Fiume Pescara alla foce sono inquinati da mercurio e da altre sostanze pericolose e mostrano gravi livelli di tossicità acuta.
Lo dicono le analisi e la relativa relazione dell'ARTA sui sedimenti accumulatisi nella cosiddetta “canaletta” del Porto di Pescara (si tratta dell'area tra i due moli).
I referti delle analisi sono stati consegnati al WWF durante un accesso agli atti svoltosi presso l'ARTA martedì scorso. Il campionamento risale all'ottobre del 2011 e i primi risultati, come, ad esempio, quelli sul mercurio, erano già disponibili agli inizi di novembre 2011 mentre altri, come quelli per la valutazione della tossicità, ai primi di gennaio 2012.
Nella Relazione dell'ARTA allegata ai campioni si può leggere che su un totale di 17 campioni:
“ii mercurio: per 76 campioni le concentrazioni sono superiori a mg/kg 1.05 (0,4 mg/kg, Livello Chimico di Base, ndr).
Per n. 70 campioni risulta superato anche il LCL (0,63 mg/kg) (Livello Chimico Limite, ndr), mentre per n.4 i valori di concentrazione sono prossimi a tale valore”.
Inoltre, con riferimento ai valori cautelativi di concentrazione delle sostanze pericolose prioritarie (Tabella 2. 3. C dello stesso Manuale APAT-ICRAM), si osservano superamenti per i seguenti parametri: Benzofluorantene (in n. 3 campioni), Benzo (g, h, i) perilene (in n. 1 campione), Indeno ( 1,2, 3, c, d) pirene (in n.2 campioni)."*
L'ARTA segnala superamenti degli LCL anche per Rame (n.1 campione) e, per i limiti della 152/2006 per i suoli ad uso residenziale (anche se l'appIicazione di tale normativa ai sedimenti marino-costieri è oggetto di discussione, ndr), anche in tutti i campioni analizzati.
Nella parte finale della relazione si può leggere:
"Riassumendo, su n. 17 campioni analizzati. . . In tutti i campioni, ad eccezione di uno, (. . .), risultano superati i valori LCB e solo in cinque casi non sono superati anche i valori di LCL. Per tre campioni, le concentrazioni di composti che compaiono tra le sostanze pericolose prioritarie superano i valori cautelativi di concentrazione indicate nella Tabella 2. 3. C.
Dai risultati del test di tossicità acuta con Vibrio fischeri; il 47% dei sedimenti analizzati presentano una tossicità molto alta, il 24 % una tossicità medio-alta e il restante 29% rientrano in colonna A della Tabella 2.4 del suddetto Manuale”.
Durante l`accesso agli atti è emersa anche una nota del Ministero dell' Ambiente con cui, nel trasferire alcune competenze sul dragaggio alla Regione Abruzzo, si può leggere: “A tal proposito si segnala che l’ISPRA, con la nota n. 245/P del 9 marzo 2012 che per pronto confronto si allega, in base all'ultima valutazione delle Misurazioni analitiche che portarono all'emanazione del Decreto PNM-DEC-2011-573 del 20 settembre 2011 (il decreto che acconsentiva allo sversamento in mare, NDR), "valuta che non vi siano le condizioni per lo svolgimento delle attività di dragaggio con immersione deliberata dei sedimenti in mare”
Dichiara Augusto De Sanctis, referente acque del WWF Abruzzo “ll fiume Pescara è un malato acuto cui nessuno sta praticando cure. Siamo stati per mesi sommersi da polemiche infinite su “DDT si e DDT no” su una parte minimale dei fanghi da dragare nell'avamporto quando già c'erano dati così preoccupanti prodotti dalla stessa ARTA. Grazie all'accesso agli atti, abbiamo appreso dell'esistenza di una nota dell'lSPRA che il 9 marzo 2012 chiudeva sostanzialmente la vicenda.
Nel 2007, durante l'iter di perimetrazione del Sito di Bonifiche di Bussi, scrivemmo che l'inquinamento interessava il fiume fino alla foce, chiedendo l'inclusione dell'intera asta fluviale o, almeno, dei principali sbarramenti dietro i quali si erano accumulati milioni di metri cubi di sedimenti provenienti da monte. È il caso dell'invaso ENEL di Alanno-Piano d'Orta. Allegammo uno studio avente per oggetto proprio la distribuzione del mercurio alla foce del fiume Pescara, pubblicato nel 2004 su una rivista scientifica internazionale dal Prof. Giaccio e colleghi dell'Università di Chieti. In questo studio il mercurio era indicato come presente con le stesse concentrazioni riscontrate a fine 2011 dall'ARTA.
Il Ministero decise di includere nel Sito di Bonifica solo gli invasi ma chiese alla Regione Abruzzo e all'ARTA di provvedere a monitorare lo stato dei sedimenti lungo tutta l'asta fluviale.
Ad oggi, a 4 anni dalla perimetrazione del SIN di Bussi, non ci risulta essere stato attuato né il Piano di Caratterizzazione del sito né il monitoraggio dei sedimenti lungo tutto il fiume Pescara.
Tale situazione è inaccettabile perché non ci permette di capire se l'inquinamento che vediamo è la “coda” di fenomeni di sversamento a monte ormai conclusi e i cui effetti a valle si stanno esaurendo oppure se dobbiamo aspettarci addirittura un ulteriore peggioramento senza gli urgenti interventi di bonifica necessari sul fiume.
Le istituzioni sembrano prese da tutt'altro visto che si riesce a far riunire il consiglio regionale ben 14 volte per tagliare la riserva naturale del Borsacchio al fine di far costruire qualche palazzina mentre sostanzialmente si ignora una situazione ambientale ed economica cosi compromessa che tocca direttamente i cittadini e il mondo produttivo.
Chiediamo al Presidente del Consiglio Regionale, Pagano: non è il caso di convocare 14 volte ii consiglio regionale per affrontare ii tema dei fiumi abruzzesi ridotti a fogne, per discutere dello stato delle bonifiche in Abruzzo e, magari, del Piano di Tutela delle Acque che più che riqualificare mira a derogare agli obiettivi di qualità europei dei fiumi?
Ci domandiamo, ad esempio, se il gruppo PD in Regione continuerà a impegnarsi allo spasimo per sostenere il progetto TOTO di cementificio e megacava a Bussi con i 50 milioni di euro destinati alla bonifica oppure se capirà che è necessario spendere quelle poche risorse tutte e subito per bonificare la discarica “Tremonti” posta proprio sul fiume Pescara.
La politica deve fare delle scelte precise visto che sono ormai evidenti i costi collettivi che derivano da un fiume cosi inquinato.
In tale situazione critica, avendo anche una vasca di colmata inservibile (?, ndr), il bando annunciato dal Provveditorato per il dragaggio è (era) sostanzialmente un passo obbligato.
Bastava leggere anche solo i primi referti ARTA del novembre 2011 sopra citati per capirlo oppure dare retta alle note del WWF dell'agosto 2011.
Leggeremo il bando con attenzione perché vogliamo che tutto proceda nel migliore dei modi e in tempi strettissimi.
Abbiamo una classe dirigente che è arrivata ad evocare populisticamente misure d'emergenza a basso costo, come se buttare a mare** il mercurio possa divenire un atto da statisti e di lungimiranza politica e civica se fatto con norme speciali.
Abbiamo amministratori che da un lato non sono consapevoli del livello di degrado in cui viviamo e che allo stesso tempo non riescono ad accettare l’esistenza ormai consolidata di precise norme ambientali da far rispettare, visto che impiegano costantemente il loro tempo a immaginare soluzioni per aggirarle.
Il Fiume Pescara non merita tutto ciò”.
*Tra l'altro il WWF ricorda che il Decreto del Ministero dell'Ambiente 56/2009 su alcuni limiti di qualità dei sedimenti marino-costieri e delle acque di transizione, per alcune delle sostanze citate pone limiti di legge ancora più restrittivi rispetto al Manuale ICRAM-APAT.
**visto che per quella cifra si può solo immaginare una soluzione di questo genere.
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Questa petizione è davvero importante e noi possiamo dare una mano. Clicca qui per saperne di più e firma:
http://www.avaaz.org/it/petition/Porto_di_Pescara_dragaggio_e_Proposta_di_soluzione_semplice_per_le_strutture_portuali/?kYmQNcb
http://www.avaaz.org/it/petition/Porto_di_Pescara_dragaggio_e_Proposta_di_soluzione_semplice_per_le_strutture_portuali/?kYmQNcb
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