Le imboccature di porti e porticcioli
Il porto-lumaca
di Antonio Spina
Prefazione
Caro
Antonio,
che bella cosa hai prodotto!
Il testo non ha bisogno nè di correzioni, nè
di "aggiustamenti". Hai correttamente colpito una presunta
"scienza" portuale che da sempre predilige la terra all'acqua,
cadendo poi, in realtà, anche sugli stessi criteri di assetto della prima, per
la superbia di saper pianificare un porto senza conoscenze ed esperienze in
materia di urbanistica e economia dei trasporti!
Di questo soffrono i nostri porti: progettati
a dispetto del mare e con criteri meramente speculativi sul fronte terrestre!
Ora ci vorrebbero grandi forze per imporre una
nuova visione, che soprattutto agissero per sconfiggere i vergognosi soloni
delle università ed un mondo di tecnici auto-referenziati prima ancora delle
caste politiche. Questo penso che sia il vero problema.
Auguri, sappi sempre che, se vorrai farla, mi
avrai a fianco in questa battaglia!
Alberto Polacco*
·
architetto, esperto di
pianificazione portuale, già I segretario generale dell'Autorità Portuale di Ravenna
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Dopo aver discusso per
tredici anni (dal 2000) con le istituzioni e gli addetti ai lavori sui problemi
del porto di Pescara, sono arrivato ad alcune conclusioni sul modo di
progettare i porti artificiali, soprattutto sulla parte marittima di essi: le
imboccature.
Molto spesso è stata data poca o punto attenzione da parte di molti progettisti
alla soluzione del “modo di entrare in porto” che molto spesso risulta
difficile e rende il porto sostanzialmente poco sicuro rispetto alle traversie
dei paraggi.
Perché, se un porto non è un rifugio sicuro già dall’imboccatura, non è un buon
porto.
Un porto deve essere sicuro non solo all’ormeggio (l’agitazione interna deve
essere assente o minima) ma anche all’ingresso.
Dalle esperienze personali, e da quelle abitualmente raccontate dai comandanti
dei pescherecci, che sono quelli che più spesso degli altri entrano ed escono
da un porto, anche due volte al giorno, e che quindi hanno modo di testare
questo aspetto più degli altri, l’imboccatura non deve costituire un problema
per la navigazione quando si esce in mare ma soprattutto quando si rientra in
condizioni di moto ondoso difficili
(burrasca).
Un peschereccio che abitualmente fa base in un porto, o un traghetto che deve
rispettare gli orari su una rotta prestabilita, se si trovano a navigare in un
mare burrascoso, di solito rientrano nel porto abituale. A meno che, se le condizioni del mare sono
troppo difficili, la rotta verso il porto di destinazione non li costringa a
navigare in modo anomalo e pericoloso e allora decidano di far rotta verso un
porto diverso da quello di destinazione ma più sicuro da raggiungere e da
imboccare.
Navigando in fuga dalla burrasca, di solito in poppa piena o al giardinetto,
verso il porto più vicino o abituale, l’imboccatura del porto in cui ci si
vuole rifugiare dovrebbe essere “infilata” con un piccolo aggiustamento
dell’andatura fino ad allora tenuta (di una quarta di bussola o due, massimo
tre):
Cioè l’imboccatura dovrebbe essere disposta
in modo tale che, per scoprirla per un tratto abbastanza lungo prima di
entrarvi in sicurezza, come è giusto fare anche secondo i manuali di
navigazione, la barca non sia costretta a traversarsi al moto ondoso
burrascoso, mettendo così in pericolo barca, equipaggio, passeggeri e carico. Navigare
con mare mosso al traverso è sicuramente il modo che nessun comandante si
auspica.
La disposizione dell’imboccatura quindi, cioè l’aspetto marittimo principale
dell’assetto portuale, non deve sottoporre la barca a situazioni di pericolo
proprio quando è in prossimità del porto, dopo una navigazione difficile,
costringendo il suo comandante a cambiamenti di rotta pericolosi.
Per i comandanti sarebbe altrimenti conveniente mettere la barca “alla cappa”,
fuori dal porto, in attesa che la burrasca passi, piuttosto che manovrare in
modo pericoloso per entrarvi; o dirigere su un altro porto.
Il porto non deve servire solo a fare tutte le operazioni in sicurezza al suo
interno (e quindi quelle di carico e scarico delle merci, o imbarco e sbarco
dei passeggeri) ma anche l’uscita e soprattutto l’entrata deve risultare
agevole.
L’imboccatura di un porto, quando le condizioni del moto ondoso sono tali da
rendere difficile già la navigazione della barca per arrivarvi e quando poi è
necessario manovrare con cautela per entrarvi, dovrebbe essere disposta in modo
tale rispetto alle due traversie principali da facilitare il compito del
timoniere semplicemente facendogli fare un piccolo aggiustamento della rotta
fino ad allora tenuta per fuggire dalla burrasca (di una quarta di bussola o due,
massimo tre, come dicevo):
Fig. 1: due tipi di imboccature (porto A e porto B) per rientrare in porto con un piccolo aggiustamento di rotta |
I porti e i porticcioli artificiali sono
stati finora normalmente costruiti adoperando una diga esterna, un antemurale,
a protezione dalla traversia principale e l’altra, come molo di sottoflutto; e
rivolgendo l’imboccatura oltre la linea di traversia secondaria.
Quindi i progettisti si sono preoccupati soprattutto di evitare l’agitazione
interna nel porto, per assicurare la tranquillità dell’ormeggio.
Così è prospettato nel Manuale degli Ingegneri di U. Colombo, del 1938, il caso
di un porto artificiale costruito con l’imboccatura protetta dall’antemurale,
messo di traverso al moto ondoso dominante:
Figura 2: un porto artificiale secondo il manuale di U. Colombo |
Questo tipo di assetto, come vedremo, si è ripetuto in moltissimi casi.
Oppure, secondo lo stesso Manuale, gli assetti portuali sono stati concepiti
con l’imboccatura rivolta verso la traversia principale:
Figura 3: porto con l'imboccatura rivolta verso la traversia principale, dal manuale di U. Colombo |
Nell’intento di evitare soprattutto
l’agitazione interna nel porto, la prima soluzione, con l’antemurale costruito
di traverso ai moti ondosi dominanti, ha avuto una grande diffusione, come ho
potuto verificare scorrendo con l’aiuto del satellite (Google Earth) tutta la
costa italiana e un po’ di quella estera; e comparando la disposizione dell’imboccatura
di ogni porto al moto ondoso dei paraggi, secondo le 15 Boe Ondametriche
Nazionali (B.O.N.).
Tali soluzioni però non hanno assicurato una migliore andatura e una sicura
navigazione anche all’ingresso, che come dicevo non è meno importante
nell’assetto di un porto, e, in alcuni casi, addirittura hanno previsto l’imboccatura verso
la direzione opposta alla traversia principale, mettendo in questo modo la
barca in condizione di dover fare una correzione di rotta anche di 180° per
entrare in porto:
Figura 4: rientro in un porto con antemurale
Figura 4bis: porto con ingresso a 90° |
Figura 5: porto con ingresso a 180°
E quindi a fare una manovra che rende la
navigazione più difficile proprio quando si è fuggiti con successo dalla
burrasca, con ciò andando contro i manuali di navigazione che impongono che il
porto vada scoperto per un certo tratto in modo che la visibilità
dell’imboccatura sia tale da non mettere la barca che entra in condizione di
interferire con la rotta di altre barche in uscita.
L’elenco dei porti con antemurale opposto alla traversia principale e
l’imboccatura abitualmente rivolta a 90°, o più, è lungo.
Usando i dati e soprattutto i grafici del moto ondoso prevalente, secondo le 15 B.O.N., Boe Ondametriche Nazionali di Idromare-APAT del Ministero dell’Ambiente, e numerando con un NO i porti con queste caratteristiche negative oppure con un SI quelli che non soffrono di questo problema, ho verificato che i porti o porticcioli che hanno un’imboccatura buona (SI), in Italia, sono n° 78 ma quelli che hanno un’imboccatura difficile (NO) sono n° 57.
Quindi i porti con una imboccatura
difficile sono poco meno della metà, anche se bisognerebbe fare delle verifiche
sul posto per valutare meglio ogni situazione:
Figura 6: le 15 B.O.N., Boe Ondametriche Nazionali
Precisamente: nel Mar
Ligure 10 SI, 12 NO – nell’Alto e Medio Tirreno 22 SI, 7 NO - nel Basso Tirreno
8 SI, 3 NO – nello Ionio 10 SI, 5 NO – nell’Adriatico Meridionale 7 SI, 17 NO –
nell’Adriatico Centrale 10 SI, 10 NO – nell’Adriatico Settentrionale 11 SI, 3
NO.
E in particolare:
Mar Ligure (10 SI, 12 NO):
B.O.N. - clima ondoso
di La Spezia
Ventimiglia: NO,
Bordighera: NO, Borghetto
S. Spirito: NO, Finale Ligure: NO, Savona: ?
Varazze: NO,
Arenzano:NO,
GE Voltri: NO, Genova: SI,
Rapallo: SI,
Chiavari: NO, Lavagna: NO, Sestri: SI, La Spezia: SI,
Bocca di Magra: SI
Marina di Carrara: SI Viareggio: NO
Marina di Pisa: SI
Livorno: SI
Rosignano: NO Cecina: NO San Vincenzo: SI
Baratti: SI
Marina di Salivoli: NO
Alto e Medio Tirreno
(22 SI, 7 NO):
B.O.N. di Capo Linaro (Civitavecchia):
Piombino: SI Portiglioni: SI
Punta Ala: NO
Cast. D. Pescaia: SI
M. di Grosseto: SI Porto S. Stefano: SI
Porto Ercole: SI Poggio Pertuso: NO Civitavecchia: SI(?) Fanciullo: NO S.
Marinella: NO Fiumicino:
SI Tevere: SI Ostia: SI
Anzio: SI Nettuno: SI Borgo Grappa: SI
S. Felice: NO Porto Badino: SI Terracina: SI (?)
Sperlonga: No
Gaeta: SI Formia: SI (?)
Scauri: SI
Posillipo: NO
Napoli: SI Torre
del Greco: SI Torre Annunziata: SI
Salerno: SI
Basso Tirreno (8 SI, 3 NO):
B.O.N. – clima ondoso di Capo Cetraro (CS):
Fuorni: NO Agropoli: NO (?)
Marina di Camerota: NO
Sapri: SI Maratea: SI
Campora: SI (?) Vibo V. : SI
Tropea: SI
Gioia Tauro: SI Taureana: SI
Favazzina: (v. Sp.ge-sc.re)
Reggio C.: SI
IONIO (10 SI, 5 NO):
B.O.N. clima ondoso di Crotone
Canne: NO Aquilia: NO
Catanzaro
Lido: NO Le Castella: SI (?)
Crotone: NO (?) Crotone, p. Tur.: SI
Cariati: SI Sibari: SI
Policoro: SI Macchia di M.: SI
Taranto: SI
Porto Cesareo: SI
Gallipoli: SI/NO Marina di Torre S.G.: SI
Torrepali: NO
Torre Vado: ? Leuca: SI (?)
Adriatico meridionale
(7 SI, 17 NO):
B.O.N. clima ondoso di Monopoli – BA
Castro Marina: SI
Otranto: SI (?)
S. Foca: NO
Frigole: NO (?) Casalabate: NO
Brindisi: SI
M. di Ostuni: NO
Savelletri: NO Monopoli: NO
Polignano: NO
Mola di Bari: SI
Torre a mare: NO Bari p. Tur.: NO Bari S. Spirito: SI
Giovinazzo: NO Molfetta: NO Bisceglie: NO
Trani: NO
Barletta: NO Manfredonia
p.t.: NO Vieste: SI
Rodi G.:
NO
Capoiale: SI Foce di Varano: NO
Adriatico
centro-meridionale (4 SI, 7 NO):
B.O.N. clima ondoso di Ortona
Campomarino: NO
Termoli: SI
S. Salvo m.: NO (?) Vasto: NO (?)
Ortona: SI
Pescara: NO
Giulianova: NO
S. Benedetto: SI(?) Porto S. Giorgio: NO
P. Civitanova: SI (?) Ancona: SI
Ancona Marina: NO
Adriatico
centro-settentrionale (6 SI, 3 NO):
B.O.N. clima ondoso di Ancona
Senigallia: NO Fano: SI
Pesaro: NO
Cattolica: NO
Misano: SI Riccione: SI
Rimini: SI Cesenatico: SI
Cervia: SI Classe-Savio:
?
Adriatico
settentrionale (11 SI, 3 NI):
B.O.N. clima ondoso di Punta della Maestra – delta Po
Ravenna: SI
Porto Garibaldi: SI
Lido di Volano: SI
Albarella: SI Chioggia: SI
Malamocco: SI Venezia lido: SI Marina di Cavallino: NI Eraclea:
NI
Porto S. Margherita: SI Lignano: NI Monfalcone: SI
Duino-Sistiana: SI
Trieste: SI
Alcuni importanti progettisti di opere marittime e portuali affermano che il
problema non si può risolvere (per esempio i proff. Noli e De Girolamo nelle
controdeduzioni alle Osservazioni mosse al Piano Regolatore Portuale di Pescara
nel 2013) e che comunque bisogna trovare una “mediazione” al problema.
Così succede che in alcuni casi si protegge il porto dall’agitazione interna a
scapito della bontà dell’imboccatura, anche andando contro le necessità di una
buona e sicura navigazione, mentre in altri si crea un’imboccatura ben disposta
a scapito dell’agitazione interna.
Invece io penso che questa “mediazione” crei più problemi di quanti ne risolva.
Le caratteristiche di una buona e sicura navigazione devono essere sempre mantenute.
Perché, se un porto non è un rifugio sicuro già all’imboccatura, che porto è ?
Oltretutto la zona di mare a ridosso di un porto ovviamente è anche la zona più
vicina alla costa, dove le profondità sono minori, e dove è più facile la
formazione di onde pericolose per la navigazione.
E’ quella la zona dei frangenti, che può essere più o meno distante dalla costa
a seconda della variazione delle batimetriche locali, di solito maggiormente
degradanti nei paraggi costieri costituiti da bassi fondali sabbiosi:
Figura 7: mare burrascoso
Addirittura, nei porti artificiali costruiti in paraggi marittimi con fondali sabbiosi e declinanti dolcemente, l’interposizione dell’antemurale a protezione del moto ondoso prevalente crea di solito sottoflutto all’antemurale stesso interrimenti vieppiù pericolosi per la navigazione e per rimuovere i quali è necessario ricorrere a dragaggi continui e rilevanti.
Un esempio significativo è quello del
Marina di Pescara, ma ce ne sono molti altri, anche all’estero:
Figura 8: Marina di Pescara_traversie |
Figura 9: porto di Crotone |
Figura 10: porto di S. Felice Circeo
Figura 12: porto di Torre a mare
Come si può risolvere il problema senza
ricorrere a quella “mediazione” obbligata fra la scelta di avere una scarsa agitazione
interna o la sicurezza di navigazione all’imboccatura ?
Adottando la soluzione del porto-lumaca. Come vedremo più avanti.
“Infilare” l’imboccatura di un porto, abbiamo detto, significa entrarvi
soprattutto in condizioni meteo-marine avverse senza modificare di molto la
rotta o l’assetto della barca, con il rischio di passare da un’andatura al
giardinetto o comunque in poppa, ad un’andatura al traverso, se non addirittura
di prua quando è necessaria un’inversione di rotta di 180°.
I porti naturali, nascosti magari da un’insenatura o da un fiordo, offrono in
genere dei ridossi dietro i quali la barca può mettersi subito fuori pericolo
prima di entrare in porto o comunque sulla rotta d’ingresso.
Ma nei porti o porticcioli artificiali, che presentano l’antemurale a
protezione dell’imboccatura, bisogna aggirare la punta dell’antemurale e poi
mettersi sulla rotta d’ingresso, rimanendo per un lungo tratto a traverso del
moto ondoso.
Ma è proprio questo che bisogna evitare e si può risolvere il problema, fra
l’ottenere un’agitazione interna assente o minima e la sicurezza di navigazione
anche all’ingresso, ricorrendo al porto-lumaca.
Figura 14: una lumaca (foto di V. Mischenko) |
Il modo di costruire il porto-lumaca è quello di rivolgere innanzitutto
l’imboccatura (il collo della lumaca) verso la linea mediana tra la traversia
principale e la traversia secondaria:
Figura 15: una rotta mediana per l'ingresso in porto (nell’esempio è la mediana della BON di Ortona)
Praticamente è il modo di permettere alla barca di mantenere l’andatura al
giardinetto o in poppa in una delle due traversie, indifferentemente.
Un porto artificiale che avesse soltanto e semplicemente l’imboccatura rivolta
verso questa linea mediana fra le due traversie correrebbe il rischio di
sacrificare però a questo aspetto di sicurezza della navigazione l’altro
essenziale di tranquillità all’ormeggio, cioè della penetrazione del moto ondoso
all’interno del porto.
I porti-canale, in verità quelli dell’Adriatico settentrionale soprattutto,
costruiti perlopiù nella prima metà del XIX secolo, hanno l’imboccatura rivolta
verso la mediana fra la traversia principale e secondaria, dove di regola si è
usato uno dei due moli, allungandolo, a protezione dell’imboccatura dalla
traversia secondaria:
Figura 18: porto-canale di Pesaro |
Figura 16: porto-canale di Cattolica
Figura 19: porto-canale di Senigallia |
Figura 20: porto-canale di Pescara, 1950 |
Ma lo stesso Porto
Corsini di Ravenna, costruito in epoca successiva, risponde comunque a tali
caratteristiche:
Figura 20/bis: porto Corsini di Ravenna |
Porti che, come dicevo
all’inizio, per le esperienze fatte personalmente e per quelle raccontate dai
comandanti dei pescherecci, hanno di solito offerto ai naviganti un ingresso
più sicuro dei porti con antemurale, perchè non costringono la barca a cambiare
l’andatura all’ingresso, quando vi si rientra con mare in burrasca.
In un porto-lumaca, in confronto con un
porto con antemurale, bisogna costruire un altro molo a fianco e parallelo
al molo di sottoflutto (nel disegno di colore rosso), o di sovraflutto a
seconda dei casi, mettendo l’imboccatura in condizioni simili a quelle dei
porti succitati.
Il molo parallelo a quello principale va costruito di una lunghezza tale (il
collo della lumaca) da essere sufficiente a smorzare il moto ondoso e ad una
distanza dall’altro molo sufficiente a creare una “bocca di porto” navigabile
in sicurezza:
La soluzione per risolvere in
modo “armonico” i due aspetti è quella di costruire l’imboccatura con due moli
rivolti verso la mediana delle due traversie, principale e secondaria, (il
collo della lumaca) e il bacino interno come un porto protetto dall’antemurale
(il corpo della lumaca), senza quella “mediazione” di cui parlavamo prima, come
nel disegno sottostante:
Figura 23: un porticciolo con bacino dx
Figura 24: un porticciolo con bacino sx |
Figura 25: porticciolo con bacini a dx e sx
Figura 26: un porto-lumaca allungato lungo la linea di costa
E quindi rivedendo le imboccature dei porti italiani alla luce di questa
impostazione, esse dovrebbero disporsi rispettando le linee mediane del clima
ondoso delle B.O.E., Boe Ondametriche Nazionali, come si vede nei grafici
seguenti:
Figura 27: mediana del clima ondoso della boa onda-metrica di La Spezia
Figura 28: mediana del clima ondoso della boa onda-metrica di Capo Linaro (Civitavecchia)
Figura 29: mediana del clima ondoso di Capo Comino (Olbia)
Figura 30: mediana del clima ondoso della boa onda-metrica di Cagliari
Figura 31: mediana del clima ondoso della boa onda-metrica di Capo Cetraro (Cosenza)
Figura 32: mediana del clima ondoso della boa onda-metrica di Capo Gallo (Palermo)
Figura 33: mediana del clima ondoso della boa onda-metrica di Crotone
Figura 34: mediana del clima ondoso della boa onda-metrica di Monopoli (Bari)
Figura 35: mediana del clima ondoso della boa onda-metrica di Ortona (Chieti)
Figura 36: mediana del clima ondoso della boa onda-metrica di Ancona
Figura 37: mediana del clima ondoso della boa onda-metrica di Punta della Maestra (Ravenna)
Figura 38: porto di Bordighera_CORRETTO |
Figura
39/A: porto di Crotone
Figura 39: porto di Crotone_ CORRETTO
Figura
40/A: porto di Giulianova
Figura 40: porto di Giulianova_CORRETTO |
Figura 41/A: porto di Marina di Camerota |
Figura 41: porto di Marina di Camerota_CORRETTO
Figura 42: porto di Molfetta_CORRETTO
Figura 43: porto di Pesaro_CORRETTO
Figura 44: porto di Punta Ala_CORRETTO
Per far sì però che il moto ondoso non
penetri nel bacino (cioè per evitare la risacca), i due moli paralleli
dell’imboccatura devono essere costruiti su palafitte o camere di dissipazione
(v. immagine seguente), rispettando d’altronde quello che scriveva l’ing.
Colombo nel suo Manuale:
Rispetto alla
soluzione con il solo antemurale, dicevamo, si tratta di costruire un
molo in più, in modo che la sua lunghezza sia sufficiente a smorzare la
risacca.
La lunghezza del
canale d’ingresso (il collo della lumaca) deve essere tanto maggiore quanto più
larga è la “bocca” del porto, in modo che il moto ondoso sia smorzato dalle
palafitte o dalle camere di dissipazione prima che giunga nel bacino interno
dedicato all’ormeggio.
Per calcolare la
lunghezza dei due moli bisogna tener presente la direzione dei due moti ondosi
prevalenti: la diagonale che parte dalla base del molo sottoflutto fino alla
estremità del molo sovraflutto deve avere un angolo sufficiente a mettere al
riparo il canale di entrata dal moto ondoso fino al limite della traversia, come illustrato nella figura
seguente:
Con un modesto
investimento finanziario iniziale maggiore, rispetto a quello di solito
necessario per la sola costruzione dell’antemurale, ci si assicura però
che il porto rispetti tutte e due le esigenze di sicurezza: quella all’imboccatura
in entrata e quella dell’ormeggio.
Naturalmente, la parte terrestre di un porto artificiale non è poi altro
che un combinato delle esigenze del retroterra portuale (città, regione,
nazione) che parte dai trasporti e va all’economia reale esistente o in
sviluppo (programmata).
Ma questo è un altro discorso, che riguarda la reale necessità di costruire un
porto in certi paraggi e che spesso viene anche disatteso.
Novembre 2014, rivisto
e corretto febbraio 2019.
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